16 dicembre 2021

RECENSIONE EPPURE CADIAMO FELICI


EPPURE CADIAMO FELICI * Enrico Galiano * Garzanti editore * pagg. 384

Il suo nome esprime allegria, invece agli occhi degli altri Gioia non potrebbe essere più diversa. A diciassette anni, a scuola si sente come un’estranea per i suoi compagni. Perché lei non è come loro. Non le interessano le mode, l’appartenere a un gruppo, le feste. Ma ha una passione speciale che la rende felice: collezionare parole intraducibili di tutte le lingue del mondo, come cwtch, che in gallese indica non un semplice abbraccio, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro. Gioia non ne hai mai parlato con nessuno. Nessuno potrebbe capire. Fino a quando una notte, in fuga dall’ennesima lite dei genitori, incontra un ragazzo che dice di chiamarsi Lo. Nascosto dal cappuccio della felpa, gioca da solo a freccette in un bar chiuso. A mano a mano che i due chiacchierano, Gioia, per la prima volta, sente che qualcuno è in grado di comprendere il suo mondo. Per la prima volta non è sola. E quando i loro incontri diventano più attesi e intensi, l’amore scoppia senza preavviso. Senza che Gioia abbia il tempo di dare un nome a quella strana sensazione che prova. Ma la felicità a volte può durare un solo attimo. Lo scompare, e Gioia non sa dove cercarlo. Perché Lo nasconde un segreto. Un segreto che solamente lei può scoprire. Solamente Gioia può capire gli indizi che lui ha lasciato. E per seguirli deve imparare che il verbo amare è una parola che racchiude mille e mille significati diversi. Ci sono storie capaci di toccare le emozioni più profonde: Eppure cadiamo felici è una di quelle. Enrico Galiano insegna lettere ed è stato nominato nella lista dei migliori cento professori d’Italia. I giovani lo adorano perché è in grado di dare loro una voce. Grazie al suo modo non convenzionale di insegnare, in breve tempo è diventato anche un vero fenomeno della rete: ogni giorno i suoi post su Facebook e i suoi video raggiungono milioni di visualizzazioni. Un romanzo su quel momento in cui il mondo ti sembra un nemico, ma basta appoggiare la testa su una spalla pronta a sorreggere, perché le emozioni non facciano più paura.



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Una vita che è solo un tunnel.

Un tunnel da cui non importa se uscire o meno.

Gioia. Anzi, Maiunagioia. La chiamano così, gli altri.

Gli altri, i compagni di scuola che, non vedendola sorridere credono non sia felice, ma Gioia ha il suo mondo e loro, nel suo mondo non ci sono, non servono perché lei vuole sentirsi "migliore da sola" e non facendo parte di un gruppo. 

Gioia basta a se stessa.

Lei, il suo mondo, le sue parole.

Quanto potere hanno le parole?

Un potere così forte che alcune sono intraducibili con un solo termine: esse esprimono più concetti, più significati insieme. Diventano così, esclusive, quasi intaccabili da intervento umano. Gioia conosce bene queste parole, da esse è affascinata: anche lei è "intraducibile", nessuno la può comprendere.

Una nonna che vegeta in un letto, genitori che fanno "tira e molla", compagni di scuola per i quali non esiste. Anche gli altri non esistono per lei, se non di spalle, in bianco e nero e su carta fotografica.

Esiste, si fa per dire, Tonia, la sua amica immaginaria e il professore di filosofia al quale porre domande esistenziali e che si rivelerà più padre del suo padre vero.

"Gioia Spada è una che è capace, quando le fanno un regalo, di aprire solo il bigliettino e di scordarsi di aprire il pacco... Gioia Spada è uno che non sorride tanto spesso, ma quando lo fa accende la luce... Gioia Spada è una che quando vede un cane lo saluta, sempre... Gioia Spada è una che quando mangia la pizza parte dalla crosta".

Quando il romanzo sembra assumere sempre più i connotati di un romanzo adolescenziale, ecco che, inizia a prendere una strada inaspettata e, senza accorgertene la storia ti rivela come le persone incontrate sul cammino di Gioia possano far apparire la luce nel tunnel. Una di queste è Lorenzo, detto Lo, ma da Gioia chiamato "articolo determinativo". Grazie a lui Gioia vede che c'è la luce anche per lei. Per giungerci però, occorre attraversare il tunnel e preparare gli occhi a non essere abbagliati perché "è possibile che qualcosa abbagli così tanto da ingannare. Qualsiasi luce, quando è troppa, finisce per distorcere le nostre percezioni". 

E scopriamo così che esiste una parola in italiano intraducibile: abbacinare. Significa fare così tanta luce da far male.

"Troppa luce, troppa felicità possono anche essere una tortura"

Con Lo, Gioia vede la possibile realizzazione del suo sogno più grande: rendere felici qualcuno.

E avviene la svolta, cambia l'orizzonte, la meta e i binari su cui viaggiare. 

La luce che intravede in Lo piace a Gioia, la cerca perché crede sia la luce che potrà illuminare la sua vita, ma poi si troverà a dover portare lei la luce, lottando con il desiderio di guardare l'amore con gli occhi della ragione. 

Il percorso di Gioia sarà, quasi inconsapevolmente per eli, un cammino di maturazione profonda che le farà dire: "Finché stavamo soli, io e te, finché il mondo se ne stava così lontano, era come se fossimo dentro in aeroplano che viaggia a ottomila metri di altezza, io e te soli, e il buio non c'era, il buio se ne stava per i fatti suoi, mi toccava ogni tanto, ma poi se ne andava subito... ho capito... che col buio bisogna farci i conti".


La penna di Galiano si rivela così sorprendente perché è una scrittura semplice e con la sua semplicità ti ammalia per portarti dinanzi a riflessioni filosofiche di un certo livello, senza quasi accorgertene.

E come una mamma che "inganna" con distrazioni e canzoncine varie il figlio che non vuol mangiare la solita minestrina, così l'autore ci prende in giro facendoci credere di leggere un romanzo per ragazzi e, intanto, ci nutriamo di filosofia, di linguistica e di Pink Floyd. Perché "la musica dei Pink Floyd ti stacca da terra, ti solleva, è triste spesso, ma lo è in un modo che la tristezza sembra quasi una cosa bella, perfino dolce, e poi nel bel mezzo di questa tristezza dolce ti svegli e ti accorgi che non sei più triste, che hai i piedi che non toccano più terra, che sei oltre, che il mondo è laggiù e tu lì, che sei come salva: lontana, e quindi salva"

 

15 dicembre 2021

RECENSIONE LA CORONA D'INVERNO

 

LA CORONA D'INVERNO * Elizabeth Chadwick * TRE60* pagg.469



Di ritorno dalla catastrofica seconda crociata, Eleonora d'Aquitania e suo marito Luigi VII si separano. Persa la corona di Francia, ma ripresi i suoi possedimenti, poche settimane dopo l'annullamento del matrimonio Eleonora s'imbarca per l'Inghilterra per abbracciare il suo futuro consorte, Enrico II. Nel dicembre 1154 viene incoronata, assieme a Enrico II, regina d'Inghilterra nell'Abbazia di Westminster. Sposa irreprensibile, negli anni turbolenti trascorsi a corte dà alla luce otto figli, futuri eredi della monarchia. Ma lei, donna ambiziosa e volitiva, non si accontenta del suo ruolo di madre e di moglie silenziosa: ambisce al trono. Dopotutto Enrico la tradisce, la fa soffrire, ed è sempre più debole a causa dei contrasti interni al regno. Ma nonostante il sostegno dei figli, il prezzo che Eleonora dovrà pagare per strappargli il potere sarà molto alto... Sullo sfondo del Medioevo si dipana la vita tumultuosa di una regina che ha lasciato il segno nella Storia, ma anche di una donna sola, fiera e a lungo osteggiata.



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In questo secondo romanzo dedicato ad Eleonora d'Aquitania ci troviamo dinanzi ad una regina alle prese con un consorte, re Enrico, assetato di terre, deciso a consolidare il proprio potere. Eleonora non parteciperà a questa ascesa perché relegata nel ruolo di fattrice: la vedrà impegnata per 14 anni.

Un lungo periodo che la porterà pian piano a perdere il potere che aveva acquisito e che le aveva dato quella forza con la quale aveva potuto rompere i rapporti con il precedente marito.

Nella lettura avvertiamo questa sua sofferenza latente, logorante, sostenuta anche dalla credenza medievale che le donne incinte perdessero la capacità di pensare razionalmente (l'autrice esplica ciò nelle note finali). 

Alienor sembra accettare supinamente ogni decisione di Enrico, quasi certa che, al termine dell'eterno puerperio, debba avvenire il suo riscatto.

Il romanzo quindi, per le prime trecento pagine, mi è sembrato più un romanzo rosa, puntinato da scarne descrizioni  degli ambienti e dei paesaggi ad inizio capitolo. 

Una leggera svolta avviene nell'ultima parte: Alienor smette i panni di generatrice di vite e veste quelli di regina che rivendica la sua identità e autorità. La sua voglia di riscatto si scontrerà con la difficoltà di Enrico ad allentare la presa sulle redini del potere, restio a lasciare possedimenti e responsabilità ai propri figli.

La lettura è stata lenta  e noiosa per la prima parte. Solo quel "guizzo finale" di vitalità femminile, carico di riscatto, genera una modesta voglia di leggere il seguito. 


06 dicembre 2021

RECENSIONE IL MANOSCRITTO

 

IL MANOSCRITTO * Franck Thilliez * Fazi editore * pagg..478





Léane Morgan è considerata la regina del thriller, ma firma i suoi libri con uno pseudonimo per preservare la propria vita privata, che ha subito un profondo sconvolgimento: sua figlia Sarah è stata rapita quattro anni prima e la polizia ha archiviato il caso come omicidio a opera di un noto serial killer, pur non essendo mai stato ritrovato il corpo della ragazza. Dopo la tragedia, del suo matrimonio con Jullian non è rimasto che un luogo, la solitaria villa sul mare nel Nord della Francia che Léane ha ormai abbandonato da tempo; ma quando il marito viene brutalmente aggredito subendo una perdita di memoria, lei si vede costretta a tornare in quella casa, carica di ricordi dolorosi e, adesso, di inquietanti interrogativi: cosa aveva scoperto Jullian, perso dietro alla ricerca ossessiva della verità sulla scomparsa della figlia? Intanto, nei dintorni di Grenoble, viene ritrovato un cadavere senza volto nel bagagliaio di una macchina rubata: potrebbe forse trattarsi di un'altra vittima del presunto assassino di Sarah. Le intuizioni del poliziotto Vic, dotato di una memoria prodigiosa, permetteranno di incastrare alcuni tasselli del puzzle, ma altri spaventosi elementi arriveranno a confondere ogni ipotesi su una verità che diventa sempre più distante, frammentaria e, inevitabilmente, terribile.



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Un romanzo nel romanzo.

Si presenta così il libro di Thilliez e questo biglietto da visita non fa prevedere una lettura tanto semplice e lineare. Le vicende che si svolgono nel nord della Francia sono intricate e la scrittura dell'autore trasmette pienamente l'ansia, la tensione e la drammaticità della storia. Avverti tutto dentro di te, fino alle ossa, come l'umidità della nebbia che avvolge "l'ispiratrice", la villa, nella baia dell'Authie, dove Léane porta a termine il suo romanzo di successo.

Il livello di tensione aumenta e diminuisce come le maree, ma senza mai scomparire del tutto.

Le descrizioni degli ambienti, accurate, ma mai polisse, si alternano a quelle dei sentimenti dei protagonisti e la scrittura ansiogena si prende una piccola pausa per far respirare e regolarizzare il battito, ma il tempo è poco. 

Occorre andare avanti. 

La genialità di Thilliez sembra venir meno quando il finale si palesa in maniera quasi scontata. 

Sembra.

È solo un'illusione.

Il genio non è andato via. 

È dietro di noi.

O davanti ai nostri occhi?

17 novembre 2021

RECENSIONE SCOMPARSA

SCOMPARSA * Chevy Stevens * Fazi editore * pagg. 364

 


È una mattina d'estate qualunque per la giovane agente immobiliare Annie O'Sullivan. Quel giorno, le sue uniche preoccupazioni sono l'ennesima lite con la madre, l'open house da organizzare in una casa in vendita nel pomeriggio e la cena con Luke, il suo fidanzato. L'open house va per le lunghe, ma quando si presenta un potenziale acquirente dal sorriso gentile, Annie pensa che possa essere il suo giorno fortunato. Non è così. L'uomo le punta una pistola addosso e, dopo averla drogata, la chiude in un furgone. Al risveglio, Annie scopre di essere stata portata in una casa sperduta tra le montagne. Dove si trova? E chi è quell'uomo? Intrecciato con la storia dell'anno di prigionia che viene svelata durante gli incontri con la psichiatra - un secondo filo narrativo racconta l'incubo del ritorno dopo la liberazione: la lotta di Annie per ricomporre un'esistenza ormai spezzata, le ricerche della polizia per identificare il rapitore e il turbamento per la consapevolezza che questa esperienza, sebbene conclusa, è molto lontana dall'essere superata. Un thriller mozzafiato, una storia di paura e dolore, ma anche di sopravvivenza, della forza di raccontare e di esplorare i recessi più oscuri della psiche umana, dove la verità non sempre rende liberi.


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Confermo pienamente ciò che la sinossi dichiara: è un thriller mozzafiato. 

Uno di quelli che ti tiene incollata, con ansia, paura, rabbia e voglia di gridare : "Aiuto!".

 La protagonista, un'agente immobiliare rapita da uno squilibrato, ci porta a conoscenza della sua tragedia parlandone in prima persona, rivolgendosi non ad un ipotetico lettore, ma alla sua psicoanalista. 

Sappiamo sin da subito che è riuscita a scappare dal suo rapitore, ma ciò non toglie nulla alla storia. 

Assistiamo al suo svelarsi, alla voglia di liberarsi di un peso immane racchiuso dentro di sé, ma anche alla paura di farlo perché la ferita potrebbe riaprirsi e non guarire più.

La Stevens ce lo racconta con una scrittura coinvolgente che scatena un turbinio di emozioni per poi scoppiare in un dolorosissimo colpo di scena. 

07 novembre 2021

RECENSIONE LA VIA DEL BOSCO

 

LA VIA DEL BOSCO * Long Litt Woon * Iperborea edizioni * pagg. 269



La vita cambia in fretta, e questa è la storia di un viaggio iniziato bruscamente quando l’esistenza di Long Litt Woon, una cinquantenne norvegese di origini malesi, viene stravolta dalla scomparsa del marito Eiolf. Nel mezzo di un lutto paralizzante, in cui si rende conto che la morte è un evento al di là di ogni controllo, inciampa nel meraviglioso reame della micologia e dei funghi. E da quel momento si apre per lei un mondo completamente nuovo e una scoperta della natura che allo stesso tempo diventa un percorso verso la vita. L’autrice non aveva mai compreso appieno il piacere degli scandinavi di camminare nelle foreste, ma ora è completamente rapita dalla magia del sottobosco e dalla gioia della ricerca. La via del bosco racconta la storia di due viaggi paralleli: uno interiore, attraverso il paesaggio del lutto, dove la tristezza e la necessità di silenzio si confondono, e uno esterno nell’affascinante regno dei funghi – flessibile, adattabile, vertiginosamente vario e fondamentale per i cicli di morte e rinascita della natura. Il processo di ricerca e di studio portano l’autrice a fare amicizia con i raccoglitori di funghi, una tribù accogliente, talvolta ossessiva, persino eccentrica con le sue regole non dette e i suoi affascinanti riti di passaggio, e a viaggiare da idilliache foreste norvegesi ad anonime aiuole urbane, dalle spiagge sabbiose della Corsica fino a Central Park per scoprire meraviglie naturali spesso nascoste allo sguardo comune: funghi gelatinosi che sembrano usciti dai calderoni delle streghe; sanguinelli color rosa salmone che emettono liquido rosso quando si tagliano; deliziose spugnole apprezzate per il loro sapore terroso e delicato; funghi bioluminescenti che illuminano la foresta di notte. Lungo la strada Long Litt Woon scoprirà che il gesto di dare la sua piena attenzione al mondo naturale può trasformarla, dandole un modo per sopravvivere alla morte di Eiolf e sentirsi di nuovo viva.


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Una cosa è certa: conosco il nome di due o tre tipologie di funghi e a stento le so distinguere. Perciò quando li ricevo in regalo li accetto e li consumo solo se conosco la persona che me li dona, come esperto.

Ebbene, dopo la lettura di questo libro mi sono sentita profondamente ignorante, ma in me è aumentata la stima per i cultori della materia, i micologi, e il rispetto per la natura che ce li dona.


Nella micologia Long Litt Woon ha trovato rifugio e luce in un periodo segnato dalla perdita prematura del marito. In questo mondo, così vasto e variopinto, l'autrice ha trovato tantissimi punti di contatto con il mondo in cui è stata suo malgrado, catapultata. 

Con il suo scritto ci rende partecipi della evoluzione, della crescita, "da neofita del regno dei funghi, da neovedova nel regno del lutto", a esperta riconoscitrice e persona in grado di guardare il passato sorridendo alla morte. 

Due percorsi, come definisce Long Litt Woon, che potrebbero non aver nessun punto in comune, ma la stessa scrittrice ci esplicita i punti di intersezione e lei che vive nei "deserti del lutto" entra nel mondo dei funghi utilizzando una penna di colore diverso. 

Se le prime volte, dinanzi a questa differenza cromatica, il sentimento muta da curiosità per il mondo micologico a profondo rispetto per il dolore della perdita subita, andando avanti i colori si confondono e il rispetto provato nel regno del lutto invade quello dei funghi. La scrittura tecnica, specifica, si confonde con quella più emotiva e intima. Disegni delle varie specie incuriosiscono i nostri occhi. 

"Man mano che l'universo dei funghi si schiudeva davanti a me, mi rendevo conto che la via del ritorno alla vita era più semplice di quanto credessi: si trattava solo di radunare gioie, gioie sfavillanti e crepitanti. Bastava seguire il sentiero dei funghi fino in fondo, anche se non avevo ancora idea di cosa mi attendesse laggiù. Cos'avrei trovato nel grande ignoto che mi prospettava? Cosa si celava dietro svolte, nebbie e declini?"

Così, la passione per la micologia si rivela ancora di salvezza, ritorno alla vita, nuova percezione del mondo intorno a sé.


"Percepire significa esserci...poco per volta ho smesso di osservare la mia vedovanza dall'esterno e piano piano ho ripreso in mano la vita. Forse è questo il vero nesso tra i miei due viaggi, quello involontario nei labirinti del lutto e quello tutto volontario sui terreni della micologia. "

 

31 ottobre 2021

RECENSIONE OMBRE CHE CAMMINANO

 

Ombre che camminano * Marco Ponti * Salani editore * 



Frederic ha undici anni e tanti problemi. La sua famiglia ha appena deciso di trasferirsi da Los Angeles a Torino, i suoi genitori sono in crisi e sembrano non avere tempo per lui e nella nuova scuola la sua principale occupazione è cercare di sfuggire alle 'attenzioni' di un gruppo di bulli che lo hanno preso di mira. Anche la cupa villa in cui abita, con le sue torrette e i lunghi corridoi bui, non aiuta a migliorare la situazione. Unica nota positiva: due amici che si è fatto nella nuova scuola, Liz, dalla parlantina veloce e dagli affascinanti occhi viola e il piccolo Ben, che non parla, ma sa esserci al momento giusto. Tutto precipita la sera del suo compleanno. Invece della serata in famiglia che si sarebbe aspettato, i suoi hanno deciso di fare una grande festa con tanti invitati, e Frederic, tristissimo, scende in cantina per evitare il party. Qui lo aspetta un incontro incredibile: un misterioso ragazzo senza nome, se possibile ancora più spaesato e confuso di lui, con il quale Frederic sente un'immediata e sincera affinità. Ma chi è questo nuovo amico? E perché i suoi genitori non lo vedono? Insieme i due dovranno affrontare un'avventura fantasmagorica in una Torino magica e misteriosa e portare a termine una missione impossibile... E Frederic imparerà che l'amicizia e l'amore possono davvero tutto e che se accanto a te hai le persone giuste, nel tuo cuore non c'è spazio per la tristezza e la paura.



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Da tempo non leggevo un libro indirizzato ai più giovani (cioè a me 😊) e spesso partecipare a delle challenge mi sprona a recuperare romanzi da tempo nella libreria. 

Così per #12paroleper12libri dovevamo leggere un libro che contenesse nel titolo la parola "ombre" o che fosse presente nel testo. Io ho scelto OMBRE CHE CAMMINANO di Marco Ponti, regista e sceneggiatore cinematografico che, con questo romanzo, fa il suo esordio da scrittore.

Un esordio con il botto, oserei dire.

Una storia che, limitandoci a raccontare la trama, potrebbe essere banale, letta e riletta, ma non lo è stata assolutamente. Rifacendosi a figure come fantasmi e ombre, umani che fanno amicizia con uno di essi, chiavi da trovare e porte da aprire, Marco Ponti riesce a trattare temi importanti, di un'altezza elevata e a farli assaporare e gustare con una semplicità che sorprende.

Amicizia, bullismo, ma anche morte, elaborazione del lutto e ancora come vivere la vita con un senso, cercando l'amore, la gioia.

Un libro che consiglio di leggere ai ragazzi, ma anche agli adulti che ogni tanto si chiedono: "Quindi una buona parte della gente che vediamo in giro in realtà sarebbero fantasmi?"

26 ottobre 2021

RECENSIONE: L' INNOCENTE

L'innocente * Alison Weir * Beat edizioni * pagg. 432




Inghilterra, 1554: Jane Grey, sovrana per appena nove giorni, si aggira nella dimora di Master Partridge, il carceriere della Torre di Londra. In quell'edificio che si affaccia sulla Tower Green, dove fu giustiziata anni prima Anna Bolena, è tenuta prigioniera insieme alle sue dame di compagnia, dopo essere stata giudicata colpevole di alto tradimento e condannata, poco più che sedicenne, a essere bruciata viva a Tower Hill, o decapitata, secondo il volere della regina Maria. Ha un'unica possibilità per salvarsi, stando almeno alla promessa dell'anziano abate di Westminster: se abiurerà la fede riformata, Maria Tudor, da poco impossessatasi del trono con la ferma intenzione di restaurare nel regno la religione cattolica, le concederà la grazia. Lady Jane, tuttavia, è pronta a riconoscere le sue colpe - aver indossato una corona non sua e avere, così, permesso che il suo cuore e la sua volontà fossero influenzati dalle brame di potere altrui -, ma non può tradire il proprio credo e barattare la vita eterna con quella terrena. Sono anni difficili quelli che precedono il tragico esito della giovane vita di Jane Grey. Tra la fine del regno di Enrico VIII e l'avvento di Elisabetta I le tensioni tra cattolici e protestanti, a lungo sopite, esplodono, e il loro scontro si consuma alla luce dei roghi degli eretici; la Corona è al centro di una fitta rete di intrighi, accordi sotterranei e inaspettati tradimenti...


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Il romanzo storico mi sta conquistando sempre più.

È un dato di fatto ormai e a contribuirvi c'è stato anche lo zampino della Weir. Più che uno zampino però ci ha messo tutta la zampa. Insomma con la Weir ho avuto un colpo di fulmine!

Il mio timore, nell'approcciarmi a questo genere di romanzo, è quello di entrare nei labirinti delle varie discendenze e parentele delle famiglie reali, di perdermi nei meandri di vicende storiche senza capire i loro esiti.

Tutto ciò non è accaduto!

Innanzitutto la predisposizione delle mappe che rappresentano gli alberi genealogici sono un valido aiuto e qui c'era!

 Il contributo più importante però è stato dato dalla scrittura della Weir che, con sapiente maestria, ha reso tutto molto semplice, ma senza mai cadere nel banale.

Rifacendosi a una storia vera e aggiungendo solo pochi avvenimenti, frutto della sua fantasia, la scrittrice londinese ci fa conoscere la figura della Regina dei nove giorni: Jane Grey.

Descrizioni accurate dei vestiti, ambienti, personaggi e loro sentimenti, fanno da sfondo ad una vicenda storica la cui protagonista, lady Jane, si trova ad essere tale suo malgrado, mezzo per giungere ed affermare il potere di coloro i quali non potevano arrivarci se non grazie alla sua figura.

La forza di Lady Jane, la sua caparbietà, la sua risolutezza anche nel sopportare violenze fisiche, psicologiche, serviranno a costruirle una corazza in grado di reggere i colpi di un duro destino deciso da altri, ma che di reggere alla forte tentazione di abiurare la propria fede per continuare a vivere.

Martire nel corpo e martire nello spirito: costretta a sentirsi continuamente umiliata perché donna istruita e intelligente anche dalla sua stessa madre, frustrata per quel figlio maschio mancato.

Dalle pagine emerge vivido il senso di impotenza, di profonda sofferenza della regina, ma la Weir non manca di farci conoscere i punti di vista dei vari protagonisti. Si rivela così una scrittura intensa, viva che ti porta con sé lasciandoti il sapore dell'ingiustizia, della coerenza, della fedeltà al proprio credo a costo della propria vita e l'odore del sangue ancora gocciolante sulla mannaia del boia. 

10 ottobre 2021

RECENSIONE IL MONDO DIETRO DI TE

IL MONDO DIETRO DI TE * Rumaan Alam * La Nave di Teseo * pagg. 304

 


Amanda e Clay hanno scelto un angolo remoto di Long Island per trascorrere qualche giorno di vacanza con i due figli adolescenti. Una pausa dalla vita frenetica di New York, una settimana tutta per loro in un'elegante casa di villeggiatura. I giorni passano felici, ma l'incantesimo si spezza quando un'anziana coppia bussa alla porta in piena notte: George e Ruth, molto spaventati, sostengono di essere i proprietari della villa. Un improvviso blackout a New York li ha costretti a tornare nella casa che avevano messo in affitto. In quest'area isolata, dove i cellulari non prendono, senza tv e internet, è impossibile controllare la loro versione. Amanda e Clay possono fidarsi dei due estranei? Quella casa è davvero un luogo sicuro per la loro famiglia? Mentre intorno ai protagonisti la natura sembra ribellarsi, un male misterioso li perseguita e mina la fiducia che hanno l'uno verso l'altro: ora sono prede che devono lottare per mettersi in salvo. Un romanzo su due famiglie che non potrebbero essere più diverse, costrette ad affrontare insieme un mondo in cui non esistono più certezze.


🌟



"Un thriller perfetto" recita la quarta di copertina. Io non lo definirei un thriller, tanto meno perfetto. Assolutamente no!

Un libro che mi ha instillato una leggera ansia, ma alla fine io non ho capito per cosa.


Seppure la scrittura si presenta semplice, la costruzione della trama, in alcuni tratti mi ha bloccato pensando di aver saltato qualche passaggio.

Ciò che si abbatte su quella che doveva essere la vacanza stile "lontani dal mondo",  non si sa cosa sia e di certo la vacanza con quell'intento eremitico è riuscita perché il mondo, in questo romanzo, non c'è.

Sembra che intorno a quella casa ci sia uno scenario apocalittico, ma non ancora definito. E' tutto un forse, un insieme di punti interrogativi che fanno brancolare nel buio più completo tanto da portarmi al termine della lettura, a lanciare il libro al muro.

Mi sono sentita ingannata perché è stato in grado, con quelle gocce di ansia instillate piano piano, di farmi continuare a leggere pagine che poi si sono rivelate vuote. 

06 ottobre 2021

RECENSIONE L'UOMO CHE METTEVA IN ORDINE IL MONDO

 

L' UOMO CHE METTEVA IN ORDINE IL MONDO * Fredrick Back,am * Mondadori editore * pagg. 322


Ove ha 59 anni. Guida una Saab. La gente lo chiama "un vicino amaro come una medicina" e in effetti lui ce l'ha un po' con tutti nel quartiere: con chi parcheggia l'auto fuori dagli spazi appositi, con chi sbaglia a fare la differenziata, con la tizia che gira con i tacchi alti e un ridicolo cagnolino al guinzaglio, con il gatto spelacchiato che continua a fare la pipì davanti a casa sua. Ogni mattina alle 6.30 Ove si alza e, dopo aver controllato che i termosifoni non stiano sprecando calore, va a fare la sua ispezione poliziesca nel quartiere. Ogni giorno si assicura che le regole siano rispettate. Eppure qualcosa nella sua vita sembra sfuggire all'ordine, non trovare il posto giusto. Il senso del mondo finisce per perdersi in una caotica imprevedibilità. Così Ove decide di farla finita. Ha preparato tutto nei minimi dettagli: ha chiuso l'acqua e la luce, ha pagato le bollette, ha sistemato lo sgabello... Ma... Ma anche in Svezia accadono gli imprevisti che mandano a monte i piani. In questo caso è l'arrivo di una nuova famiglia di vicini che piomba accanto a Ove e subito fa esplodere tutta la sua vita regolata. Tra cassette della posta divelte in retromarce maldestre, bambine che suonano il campanello offrendo piatti di couscous appena fatti, ragazzini che inopportunamente decidono di affezionarsi a lui, Ove deve riconsiderare tutti i suoi progetti. E forse questa vita imperfetta, caotica, ingiusta potrebbe iniziare a sembrargli non così male...

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"La morte è una cosa curiosa. Viviamo tutta la vita come se non esistesse, ma il più delle volte è una delle ragioni in assoluto più importanti per vivere. Alcuni di noi ne diventano consapevoli così in fretta che vivono più intensamente, più ostinatamente, e in maniera più furiosa. Altri necessitano della sua costante presenza per sentirsi vivi. Altri ancora finiscono per accomodarsi nella sua sala d'attesa molto tempo prima che lei abbia annunciato il suo arrivo. La temono, eppure la gran parte di noi teme soprattutto l'eventualità che colpisca qualcun altro, qualcuno a cui vogliamo bene. Perché la più+ grande paura legata alla morte è che ci passi accanto. Che si prenda chi amiamo e che ci lasci soli."

Ove. una di quelle persone con le quali è facile litigare perché apparentemente arrabbiato con il mondo soprattutto quando questo diventa ostacolo al compimento del suo progetto: porre fine alla sua vita. E così conosceremo questo mondo che gli fa da ostacolo:

- Parveneh: la vicina in procinto di partorire e desiderosa dell'aiuto di Ove dato che, il marito non è poi un grande con la messa in funzione del suo cervello;

- Jimmy: l'altro vicino, in carne, desideroso di dare affetto;

- Anita e Rune: i vicini storici, quelli conosciuti quando la zona non era ancora del tutto abitata;

- Adrian e Mirsad: due ragazzi che cercano il coraggio di dare una svolta alle loro esistenze.

Saranno loro a dare un senso alla vita di Ove. Vita segnata dalla perdita di Sonja, la sua amata moglie. 

La visita al cimitero, scoprendo la lapide dalla neve che si ostina a cadere e a coprire la foto del suo amore, è un appuntamento che spera non abbia più luogo. Ove vuole raggiungere Sonja.

Fredrick Backman, con una scrittura asciutta, scava nell'animo di quest'uomo per nulla amabile e amorevole. Scontroso, abitudinario, ligio alle regole e per nulla intransigente con chi quelle regole non le rispetta. Non disturbate Ove, rispettate le varie norme e tutto filerà liscio.

MA poi, perché questo mondo decide che la presenza di Ove sia così necessaria? Perché il suo operato diventa fondamentale per l'esistenza del mondo stesso? Forse perché Ove, in fondo, ha un cuore grande?

Sarà stata proprio la scrittura semplice, con qualche punta di riflessioni più profonde qua e là a sorprendermi, svelandomi l'animo di un uomo che ha portato a termine la sua missione: mettere in ordine il mondo e farmi piangere alla fine della lettura.


27 settembre 2021

RECENSIONE L'ANELLO MANCANTE. CINQUE INDAGINI PER ROCCO SCHIAVONE

L'ANELLO MANCANTE * Antonio Manzini * Sellerio editore * pagg. 235 

Un ritratto del vicequestore Rocco Schiavone. Cinque tessere che contribuiscono a definire il personaggio per chi già lo conosce e servono come una presentazione per chi non l'ha mai letto. Racconti già pubblicati in varie antologie che questo volume mette insieme per la prima volta. Il primo - che dà il nome all'intera raccolta ed è ampio poco meno che un romanzo breve - ha un inizio macabro, quasi horror: al cimitero, dentro una cappella gentilizia, viene trovato un cadavere sconosciuto disteso sopra la bara di un'altra; unico indizio uno strano anello nuziale. Ma presto la storia prende le vie tipiche che ispirano Antonio Manzini: innestare su un'indagine poliziesca misteriosa disagi esistenziali, denuncia sociale, sentimenti profondi; il tutto narrato con un umorismo ironico che sfiora il sarcasmo, fatto di battute rapide e paradossi, che nella misura breve dei racconti sembra persino accentuarsi per concentrazione. Le altre storie che seguono - tre amici in gita alpinistica finita con il morto; una partita di calcio truffaldina tra uomini di legge; un delitto nella «camera chiusa» di un treno; un innocuo eremita ucciso in una chiesetta abbandonata - sono indagini che portano, secondo l'umor nero che non lascia mai Schiavone, a «una conclusione scomoda, squallida, triste, più del cielo di questa città». Lui, il protagonista indiscusso, è un poliziotto non integerrimo, spesso ai limiti della brutalità, ma che sa riconoscere una persona vera ovunque e comunque si presenti. Un uomo che non sopporta il tempo in cui vive, per tanti motivi, ma soprattutto perché gli ha strappato la cosa più importante della vita.



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 In quest'altra raccolta di racconti ritroviamo Rocco Schiavone trasferito ad Aosta e alle prese con la conoscenza della città, delle sue abitudini e dei suoi abitanti.


I racconti sono: 

- L'anello mancante;

- Castore e Polluce;

- ... e palla al centro;

- Senza fermate intermedie;

- L'eremita.


Vi consiglio vivamente di leggerli per trovare quel sano buonumore che solo Schiavone sa infondere. In particolare con il racconto "...e palla al centro" ho riso come non mai.

RECENSIONE SORTILEGI

SORTILEGI * Bianca Pitzorno * Bompiani editore * pagg. 141 




Mentre infuria la peste del Seicento, una bambina cresce in totale solitudine nel cuore di un bosco e a sedici anni è così bella e selvatica da sembrare una strega e far divampare il fuoco della superstizione. Un uomo si innamora delle orme lasciate sulla sabbia da piedi leggeri e una donna delusa scaglia una terribile maledizione. Il profumo di biscotti impalpabili come il vento fa imbizzarrire i cavalli argentini nelle notti di luna. Bianca Pitzorno attinge alla realtà storica per scrivere tre racconti che sono percorsi dal filo di un sortilegio. Ci porta lontano nel tempo e nello spazio, ci restituisce il sapore di parole e pratiche remote – l’italiano secentesco, le procedure di affidamento di un orfano nella Sardegna aragonese, una ricetta segreta – e come nelle fiabe antiche osa dirci la verità: l’incantesimo più potente e meraviglioso, nel bene e nel male, è quello prodotto dalla mente umana. I personaggi di Bianca Pitzorno sono da sempre creature che rifiutano di adeguarsi al proprio tempo, che rivendicano il diritto a non essere rinchiuse nella gabbia di una categoria, di un comportamento “adeguato”, e che sono pronte a vivere fino in fondo le conseguenze della propria unicità. Così le protagoniste e i protagonisti di queste pagine ci fanno sognare e ci parlano di noi, delle nostre paure, delle nostre meschinità, del potere misterioso e fantastico delle parole, che possono uccidere o salvare.




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Tre racconti che hanno come protagonista il sortilegio presente nelle credenze popolari, nelle storie che si tramandano di generazione in generazione e testimoniate da scritte e oggetti conservati in musei e biblioteche. 

Se questo fil rouge ha destato la mia curiosità, la stessa non è stata mantenuta viva dalla lettura: il primo racconto infatti,  intitolato "La strega", per il suo linguaggio tipico degli scrittori del '600 è' risultato pesante e difficile da seguire.

Gli altri due racconti, seppur più semplici nella lettura e con delle storie sottostanti interessanti, si sono rivelate un pò aride, lasciandomi un senso di sete non appagata.



15 settembre 2021

RECENSIONE CINQUE INDAGINI ROMANE PER ROCCO SCHIAVONE

 

CINQUE INDAGINI ROMANE PER ROCCO SCHIAVONE * Antonio Manzini * Sellerio editore * pagg.248

Questo volume riunisce i racconti pubblicati in diverse antologie di questa casa editrice, a partire da "Capodanno in giallo". Raccolti assieme, permettono di ricostruire quello che può chiamarsi l'antefatto del vicequestore Rocco Schiavone. Un poliziotto tutt'altro che buonista, piuttosto eccentrico nei panni del nemico del crimine. Di mattina, per darsi lo slancio si accende uno spinello; quando capita, non disdegna qualche affaruccio con la refurtiva di un colpo sventato; è rozzo con tutti, brutale con i cattivi, impaziente con le donne. Ciononostante chi legge le sue avventure lo vorrebbe amico. Per punizione, i comandi lo trasferiranno in mezzo alla neve di Aosta, dove sono ambientati i romanzi che gli hanno dato tanta notorietà. Intanto, nelle storie di questo volume, lo incontriamo prima del forzato trasloco. Sa che sta per dire addio alla città amata, ma non sa quale sia il suo destino. In questa incertezza, il passato lo stringe da ogni parte scolpendo il suo pessimismo, nutrendo la sua malinconia. Percorre Roma, luoghi familiari, vecchie conoscenze, mentre nel suo modo sfaticato intuisce soluzioni impensate agli enigmi criminali. E questi hanno sempre sfondi di oscura umanità. Tanto che i suoi difetti appaiono l'altra faccia, necessariamente antiretorica, della medaglia della viva pietà per i derelitti e del grande dolore che una volta gli ha straziato il cuore. Insomma, sembra una specie di angelo caduto.




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Una raccolta di racconti collocati temporalmente prima dell'arrivo ad Aosta del vicequestore per delineare con un tratto più deciso e marcato il carattere di Schiavone.

I racconti qui riuniti sono:

- L'accattone;

- Le ferie di agosto;

- Buon Natale, Rocco;

- La ruzzica de li porci;

- Rocco va in vacanza.

Da divorare tutti insieme o centellinarli per continuare ad affezionarsi a Rocco. Ormai i romanzi di Manzini  sono una sorta di "rifugio" perché la sua scrittura è una certezza, una conferma. 

02 settembre 2021

RECENSIONE PULVIS ET UMBRA

PULVIS ET UMBRA * Antonio Manzini * Sellerio editore * pagg. 416



Lei uccisa per errore da chi pensava di colpire Schiavone, quell'Enzo Baiocchi che ritorna ad agitare la mente e i sogni del vicequestore. E mentre Rocco è ancora oggetto di insinuanti sospetti da parte dei vertici della polizia, e reagisce disinteressandosi a ogni attività della questura di Aosta, il cadavere di un transessuale affiora nelle acque della Dora; per prima cosa si procede a perquisire la casa del morto, ed ecco la prima sorpresa: l'appartamento risulta totalmente vuoto, né un mobile, né un vestito, e neanche un foglio di carta, come fosse passato al setaccio fitto. Nessuno dei vicini si è accorto del trasloco, tutti fingono di non sapere; ma cosa c'è dietro la facciata di quella rispettabile palazzina di Aosta che appartiene per intero a un unico inquietante proprietario? Quando anche il giudice Baldi decide di glissare sul caso del transessuale, l'odore dei servizi segreti arriva alle narici di Schiavone più forte di quello dell'erba. Su quel caso che molti vogliono far apparire un omicidio senza importanza Schiavone può fare luce solo ignorando le procedure e agendo a modo suo; ma ha anche altro per la testa, trovare Enzo Baiocchi in fuga per scampare alla vendetta di Sebastiano, una corsa contro il tempo all'inseguimento dell'amico e dell'assassino...

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Il rischio di una serie di romanzi, legati alle vicende di un personaggio, può essere quello di annoiare il lettore ripetendo aspetti già trattati e dando la percezione che la produzione di altri volumi sia legata ad una richiesta commerciale più che alla prolificità dello scrittore.

Non è questo il caso. La penna di Manzini sforna novità, approfondisce aspetti che alimentano la voglia di leggere ancora. 

Un'altra indagine sì, ma stavolta Rocco Schiavone dovrà vedersela con direttive provenienti da "piani superiori" che ostacoleranno le sue indagini e le indirizzeranno su una pista che non gli appartiene.

Da sottofondo lo scontro interiore tra la sete di giustizia, come dovere morale di un poliziotto che serve lo Stato e, l'obbedienza che deve allo stesso Stato e che non porterà alla verità.

Pur dovendosi piegare a ciò, il vicequestore saprà prendersi le sue rivincite anche se non appagheranno completamente il suo senso del dovere.

Non manca il passato di Schiavone. Torna e lo fa agganciandosi al suo presente, portandolo a fare il pendolare tra Aosta e Roma e sperare così di poterlo mettere a tacere.

Qui l'animo di Rocco sarà ancor più sofferente per la presenza di Marina che, pian piano, sta diventando sempre più assenza. 

RECENSIONE IL FILO ROSSO

 

IL FILO ROSSO * Paola Barbato * Piemme editore * pagg.384




Dopo l'omicidio di sua figlia, e l'abbandono da parte della moglie, Antonio decide di lasciarsi alle spalle un passato doloroso e si trasferisce in un piccolo paese di provincia a condurre una vita piatta, monotona, sempre uguale a se stessa. Per cinque anni funziona, sopravvive. Finché, una mattina, un morto viene trovato nel cantiere dove lavora... all'apparenza sembra un incidente, ma presto Antonio scopre che quel ritrovamento non è casuale. Qualcuno ha voluto lasciargli un messaggio, a cui ne seguono altri. Tutti diversi, tutti da decifrare, ma con un unico intento: risvegliare la sua sete di vendetta. Trascinato nelle maglie di un piano di cui non tiene le fila, Antonio scoprirà la sua vera natura.

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Non leggevo un thriller così avvincente da tempo.

Un thriller che lavora sul lettore in modo così approfondito, dal punto di vista psicologico, tanto da manipolarti fino a farti "cadere la mascella" al termine della lettura.

Qui la vera protagonista è la vendetta, che diventa linfa vitale per chi cerca giustizia, non avendola avuta dalle autorità preposte.

La vendetta come filo rosso che lega coloro che sopravvivono a dolori atroci come la perdita di un figlio per mano di un uomo che, di umano ha solo le sembianze.

La scrittura della Barbato, con i suoi intermezzi che riflettono i pensieri più reconditi dei vari personaggi, cattura, attira, ipnotizza per poi spiazzarti.

Un libro difficile da leggere per chi non è forte emotivamente.

Bella scoperta. Voglio recuperare altro. 

30 agosto 2021

RECENSIONE TUTTO SARA' PERFETTO

 

TUTTO SARA' PERFETTO * Lorenzo Marone * Feltrinelli editore * pagg. 297 

La vita di Andrea Scotto è tutto fuorché perfetta, specie quando c'è di mezzo la famiglia. Quarantenne single e ancora ostinatamente immaturo, Andrea ha sempre preferito tenersi alla larga dai parenti: dal padre Libero Scotto, ex comandante di navi, procidano, trasferitosi a Napoli con i figli dopo la morte della moglie, e dalla sorella Marina, sposata, con due figlie e con un chiaro problema di ansia da controllo. Quando però Marina è costretta a partire lasciando il padre gravemente malato, tocca ad Andrea prendere il timone. È l'inizio di un fine settimana rocambolesco, in cui il divieto di fumare imposto da Marina è solo una delle tante regole che vengono infrante. Tallonato da Cane Pazzo Tannen, un bassotto terribile che ringhia anche quando dorme, costretto a stare dietro a un padre ottantenne che non ha affatto intenzione di farsi trattare da infermo, Andrea sbarca a Procida e torna dopo anni sui luoghi dell'infanzia, sulla spiaggia nera vulcanica che ha fatto da sfondo alle sue prime gioie e delusioni d'amore e tra le case colorate della Corricella scrostate dalla salsedine. E in quei contrasti, in quell'imperfetta perfezione che riporta a galla ferite non rimarginate ma anche ricordi di infinita dolcezza, cullato dalla brezza che profuma di limoni, capperi e ginestre o dal brontolio familiare della vecchia Diane gialla della madre, Andrea troverà il suo equilibrio.




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"In che senso?"

Leggere questo libro vuol dire lasciarsi cullare da parole che, come una ninna nanna ti coccolano e poi, come il canto delle sirene, ti ammalia per portarti nei fondali più cupi dell'animo.

Quei fondali dove pensavi di non dover tornare più perché tutto sepolto da sabbia e rocce di un tempo ormai passato. 

Ma il terremoto della vita, quando meno te lo aspetti, smuove tutto per riportarlo a galla. 

Sembra quasi che sia necessario mettere ogni cosa in ordine prima di concludere il proprio percorso. La vita lo esige e ce ne chiede conto.

Marone colpisce e affonda.

La perfezione che incanala in regole il trascorrere del tempo non reggerà alla forza dei ricordi, degli odori, delle radici che strariperanno nel presente.

Andrea, Marina e Libero dovranno fare i conti con la forza impetuosa del passato che esige di essere svelato e riconosciuto.

Marone con la sua penna toglie dolcemente ogni strato di pelle per arrivare nel profondo, dolorosamente fino allo strato che non pensavi di possedere per scoprire poi, di poter vivere e convivere con rimpianti, nostalgie, fotografie di istanti che sbiadiscono, ma che non si cancellano definitivamente.. Basta "scorgere la bellezza che ci circonda. Ricorda: la vita è un chiaroscuro perenne, ma ogni tanto attorno a noi arriva la luce giusta a illuminare le cose e a renderle perfette. Bisogna accorgersene. E' tutta qui la differenza fra chi campa davvero e chi spreca il suo tempo"

21 agosto 2021

RECENSIONE IL GIORNO DEL SACRIFICIO

 

IL GIORNO DEL SACRIFICIO * Gigi Paoli * Giunti Editore * pagg.. 416



È un lunedì mattina di fine settembre a Firenze, ma il cielo meravigliosamente azzurro fa pensare a una giornata d’estate e niente lascia presagire l’incubo in cui la città sarà risucchiata di lì a poche ore. A bordo della sua auto il reporter Carlo Alberto Marchi si sta dirigendo a caccia di notizie verso Gotham City, il futuristico Palazzo di Giustizia, quando una telefonata allarmante del capocronista gli intima di correre subito al polo universitario lì vicino: è successo qualcosa di molto grave, qualcosa di cui ancora si sa ben poco. Un muro di poliziotti e ambulanze impedisce il passaggio a studenti e curiosi, e le voci si susseguono: «Pare che sia morto qualcuno», «Ho sentito delle urla», «Qualcuno è entrato armato». Quando Marchi riesce finalmente a farsi strada, non è preparato a quello che sta per vedere: sangue dappertutto, una decina di studenti a terra, alcuni corpi coperti pietosamente da lenzuola bianche. Un attentato? Le prime testimonianze confermano i dubbi più spaventosi: tra quei cadaveri si trova anche l’autore della carneficina, che dopo aver sparato all’impazzata si è ucciso urlando “Allah Akbar”. Firenze si risveglia nel terrore, il panico si scatena in città, soprattutto quando le televisioni di tutto il mondo trasmettono un videomessaggio ricevuto da fonte anonima. Sullo sfondo della cupola del Duomo divorata dalle fiamme, una voce annuncia: «Crociati della città di Firenze, siamo qui. Il Giorno del Sacrificio sta finalmente arrivando anche per voi». È evidente che ci sarà un nuovo, terribile attentato. Ma dove? Rimangono solo cinque giorni per scoprirlo e stavolta Marchi, alla ricerca di risposte tra misteriosi interpreti arabi, ingegneri nucleari uccisi, Imam e rabbini pacifisti, si troverà a mettere a rischio la sua stessa vita…

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Un salto di qualità rispetto ai precedenti romanzi. 

La storia vede sempre impegnato Carlo Alberto Marchi con la sua cronaca giudiziaria, ma stavolta dovrà sfruttare le proprie conoscenze per avere maggiori informazioni non su un "semplice" fatto di cronaca, ma su una questione di carattere internazionale. 


Qui Gigi Paoli si rivela ancor più uno scrittore di grande professionalità, serio, poco scontato e che conferma la costruzione di un personaggio, come quello di Carlo Alberto, che continua a colpirmi per la sua grande umanità.

"Ero al servizio del lettore, ovviamente, ma se il servizio al lettore favoriva i delinquenti, era un servizio sbagliato. E sarei stato un pessimo giornalista."

Non privandoci dei dettagli storici della sua amata città, l'autore in quest'ultimo romanzo ci fornisce delle pause costituite da riflessioni messe in bocca al giornalista che rimarcano il suo carattere e che, allargando quella nicchia di vita privata, mostrano lati del suo carattere fino ad ora tenuti in ombra da una grande umiltà e voglia di mantenere un apparente stato di tranquillità raggiunto con non poche difficoltà.


"Fu quella notte che la pesantezza della mia solitudine mi si attaccò addosso come quella colla che ti rimane sulle dita: una seconda pelle appiccicosa che non riesci a tirare via. Ero solo."


Storie diverse, apparentemente slegate, si dipanano in diversi punti della città. Paoli, senza disordine, senza confusione, le fa convergere verso un unico comune denominatore. Tutto sarà chiaro, senza alcun dubbio tutto sarà illuminato, ma con suspence, tensione e... un sospiro di sollievo (?). Questo non velo dico. Dovete leggerlo! 

15 agosto 2021

RECENSIONE MAI DIRE MAI PIU'

 

MAI DIRE MAI PIU' * Elena Vestri * Giunti editore * pagg. 216


Arianna ha 64 anni, una merceria, una figlia e una "migliore amica" che è tutto il contrario di lei. Arianna viene lasciata (la prima volta aveva quarant'anni ed era incinta di sette mesi) e Federica, l'amica, lascia, perché è bellissima, ricca e molto spericolata. Arianna lavora, legge e sbaglia sistematicamente look. Federica ama, viaggia e resta favolosa nonostante il passare dei decenni. Purtroppo, quando Federica si fidanza con Emanuele, che ha trent'anni, anche Arianna finisce nei guai. Perché Emanuele ha un padre, e che padre! Giacomo Fulgenzi, primario dell'ospedale locale: lo definivano "il Doug Ross del Santa Anastasia" e non si contano le infermiere, anestesiste, specializzande e colleghe che sono cadute vittime del suo fascino. Dal rapporto fra Arianna, Federica, Giacomo ed Emanuele nascono scontri, baci e assurdi tentativi di procreazione. A complicare le cose si inseriscono nel gioco anche un bellissimo ex marito, una figlia molto decisa e un piccolo paese marinaro, dove il cielo stellato fa perdere la testa.


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Una storia che si legge in poche ore per mostrare che, anche dopo gli "anta" certe emozioni, che si pensava fossero andate in pensione, tornano a lavorare alacremente. 

Piacevole, scorrevole, ma con poco spessore.

Anche il finale così scontato, tanto da ritenerlo poco credibile

08 agosto 2021

RECENSIONE LA FRAGILITA' DEGLI ANGELI

 

LA FRAGILITA' DEGLI ANGELI * Gigi Paoli * Giunti editore * pagg. 304





Sono giorni di angoscia per Firenze dopo la misteriosa scomparsa di un bambino di quattro anni che stava giocando nel giardino della sua casa in collina: di lui rimane solo la piccola bicicletta grigia, appoggiata a un albero. Mano a mano che passano i giorni, le speranze di ritrovare Stefano in vita si affievoliscono, e in città si torna a respirare lo stesso terrore dei tempi del "Mostro", il famigerato serial killer che uccideva e mutilava le coppiette appartate in campagna. Per il giornalista di cronaca giudiziaria Carlo Alberto Marchi e il suo collega della "nera", l'Artista, sono ore di ansia e lavoro frenetico fra la redazione, i luoghi del delitto e un Palazzo di Giustizia sempre più cupo, proprio come il suo soprannome: Gotham. Un'inchiesta serrata che non dà tregua agli inquirenti, la tenace pm Simonetta Vignali, grande amica di Marchi, e il capo della Mobile Settesanti, segnato da un passato violento che non gli concede sconti. A dare una svolta alle indagini sarà l'inaspettata confessione di uno studente di psicologia: è stato lui a uccidere Stefano, per poi abbandonarne il corpo sulle rive dell'Arno. Sta dicendo la verità? O si tratta solo di un mitomane? E mentre le sponde del fiume vengono battute a tappeto, un altro colpo di scena riaccende la paura. In una celebre basilica sulle oscure colline di Firenze viene ritrovata una lettera anonima che annuncia nuovi orrori: Stefano è stato il primo, ma non sarà l'ultimo... Poi, il caos si trasforma in silenzio, finché un'intuizione ribalta tutto, anche le storie personali, anche quella di Carlo Alberto Marchi, che si ritrova davanti a qualcosa che mai aveva visto prima. Sullo sfondo di un malinconico autunno fiorentino, Gigi Paoli ci regala il suo libro più toccante e intenso.


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Un'indagine tosta.

Tosta da eseguire, difficile da leggere. 

Qui le vittime sono due bambini e speri sempre che, almeno nel romanzo, non come la realtà, l'autore sia più indulgente e ci riservi dei finali meno duri. Questo è quello che mi sarei aspettata come madre, ma poi, riflettendoci, sarebbe stato tutto meno credibile.

Gigi Paoli è ancorato alla realtà: è giornalista. Non fa sconti. 

La scena è tutta per i due fanciulli. Tutto e tutti sono orientati alla risoluzione dei casi, non c'è spazio neanche per soffermarsi su Firenze: le prime due inchieste erano costellate di cenni sulla città.

Occorre muoversi, è urgente!

Lo scrittore abilmente trasmette questa ansia e ci coinvolge pienamente. 

Anche qui Carlo Alberto avrà un ruolo cruciale, ma donerà le sue informazioni, le sue scoperte e intuizioni alle autorità.

E' una sua caratteristica: umile e generoso d'animo. Quanti come lui sacrificherebbero uno scoop che darebbe certa visibilità in favore di indagini che richiedono il riserbo più assoluto, per avere così una conclusione rapida e certa?

01 agosto 2021

RECENSIONE IL RESPIRO DELLE ANIME

 

IL RESPIRO DELLE ANIME * Gigi Paoli * Giunti editore * pagg.416





E' una torrida mattinata di luglio, le scuole sono ormai chiuse e sulle strade semideserte di Firenze e dintorni è calato un silenzio irreale, ma Carlo Alberto Marchi, tenace cronista e instancabile padre-single, continua inesorabilmente a svegliarsi alle sette e dieci. Non resta che mettersi in viaggio verso ''Gotham City'', l'avveniristico Palazzo di Giustizia nella periferia della città - nonché uno dei dieci edifici più brutti del mondo secondo svariate classifiche - e andare a caccia di notizie sull'allarmante ondata di morti per overdose che negli ultimi mesi ha colpito la città. Un'inchiesta con cui il direttore del ''Nuovo Giornale'' sta marcando stretti il reporter e il suo collega, ''l'Artista'', che con la loro tendenza all'insubordinazione non godono certo delle sue simpatie... Ma a scombinare l'agenda di Marchi arriva una notizia che gli fa subito drizzare le antenne: nella notte, a pochi passi da Gotham, un ciclista è stato ucciso da un'auto pirata scomparsa nel nulla. Un banale incidente? Solo all'apparenza. Perché se si aggiunge che la vittima era il dirigente americano di una nota azienda farmaceutica, e che solo pochi giorni prima era rimasto coinvolto in una retata in un ambiguo locale del centro, il caso si fa piuttosto interessante. Molte e intricate sono le piste che si aprono davanti alle forze dell'ordine e a chiunque abbia voglia di vederci chiaro: una lugubre villa dalle finestre murate, un misterioso iPhone placcato d'oro, un barbone che forse dice la verità, un pericoloso boss della malavita... Marchi si troverà alle prese con l'inchiesta più complessa, torbida e inquietante della sua carriera.




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Continuano le indagini di Carlo Alberto Marchi e questa volta ci troviamo dinanzi ad una spy story che sembra avere i connotati di un "semplice" omicidio stradale.

Gigi Paoli continua a piacermi, a sorprendermi e non solo con i colpi di scena, ma anche con quelle puntate storiche nella città di Firenze. Ho amato, in particolar modo, i cenni alla Firenze chiamata "città dei cimiteri" e all'origine del nome "Isola dei morti". 

In sottofondo un Carlo Alberto padre che si trova a gestire, da solo, una figlia adolescente. E ho detto tutto.

Sarà sempre lui ad aiutare nelle indagini e, stavolta, dovrà sacrificare la voglia di raccontare, di scrivere sul giornale in nome di una promessa fatta e per permettere il giusto corso alle indagini. 

28 luglio 2021

RECENSIONE IL RUMORE DELLA PIOGGIA

 

IL RUMORE DELLA PIOGGIA * Gigi Paoli * Giunti editore  * pagg. 288



Sono ormai alcuni giorni che Firenze è sferzata da una pioggia battente e, come se non bastasse, la visita del presidente israeliano ha completamente paralizzato la città. Carlo Alberto Marchi è intrappolato nella sua auto che da casa lo porta al Palazzo di Giustizia, quando apprende una notizia davvero ghiotta per un cronista di giudiziaria a corto di esclusive: all'alba, in un antico palazzo di via Maggio, la prestigiosa strada degli antiquari, viene trovato morto con ventitré coltellate l'anziano commesso del negozio di antichità religiose più rinomato di Firenze.Un caso molto interessante anche perché il palazzo è di proprietà della Curia e sopra al negozio ha sede l'Economato. Marchi si mette come un mastino alle calcagna dei magistrati nella speranza di tirar fuori uno scoop e chiudere finalmente la bocca al direttore del Nuovo Giornale. Sempre correndo come un pazzo, intendiamoci, perché a casa c'è Donata, la figlia di dieci anni che inizia a lanciare i primi segnali di un'adolescenza decisamente in anticipo. Ma stavolta conciliare il ruolo di padre single con quello di reporter d'assalto sembra davvero un'impresa disperata: sì, perché c'è tutto un mondo che ruota intorno al delitto di via Maggio e le ipotesi che si affacciano sono sempre più inquietanti. Su tutte, l'ombra della massoneria, che in città è prospera e granitica da secoli. E l'inchiesta corre veloce in una Firenze improvvisamente gotica e oscura.








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Una dissetante bevuta d'acqua in giornate afose rese tali da una precedente lettura arida: questa è stata la sensazione provata dopo aver letto il primo libro di Gigi Paoli riguardante le inchieste di Carlo Alberto Marchi.

Giornalista fiorentino, fornirà un punto di svolta per la risoluzione di un caso di omicidio.

Paoli mette in campo la propria professionalità e competenza  per farci conoscere i segreti del mestiere. 

Le pedine del romanzo si muovono tra vicoli, piazze e palazzi della città di Firenze e, la sua descrizione, fatta con dovizia di particolari e peculiarità che solo un oriundo, amante della propria città 'può elargire, fornisce, in questo caso un'immagine un po' cupa, quasi gotica, ma adatta alle note suonate dalla vicenda narrata e dal rumore della pioggia che non vuole saperne di smettere.

La scrittura rende fluidi e scorrevoli intrecci per portarci ad un finale che, fino all'ultimo non è quello che ci si aspetta.

L'edizione della Giunti che raccoglie in un unico tomo le prime tre inchieste di Carlo Alberto Marchi permette di soddisfare immediatamente la voglia di continuare a leggere.