RECENSIONE 'LA STRADA GIOVANE' DI ANTONIO ALBANESE - FELTRINELLI
18:00La strada giovane * Antonio Albanese * Feltrinelli * pagg. 128 |
Nino, giovane panettiere siciliano, viene catturato dopo l'8 settembre. Dell'armistizio non ha capito granché, credeva che i tedeschi lo rispedissero a casa dalla sua famiglia, nelle Madonie, invece quel treno lo ha portato in un campo di prigionia in Austria, a patire fame, freddo e paura. Nino è un IMI, un internato militare, senza nemmeno i diritti di un prigioniero. Qualche conforto gli viene dall'amicizia con Lorenzo, un giovane toscano colto e spigliato, che con lui lavora nelle cucine governate dal Piemontese, un gigantesco macellaio. Insieme, i tre colgono l'occasione dello scompiglio per i festeggiamenti di capodanno del '44 per fuggire. Ma fuori il freddo, la fame e la paura non mordono meno: orientarsi non è semplice, trovare cibo e riparo è un'impresa, e la gente è terrorizzata e feroce. La Sicilia sembra irraggiungibile e Nino lascia sul terreno, chilometro dopo chilometro, innocenza e giovinezza. Eppure, a sorreggerlo nel suo interminabile viaggio attraverso i territori occupati dai nazisti, dove combattono le bande partigiane e continuano i bombardamenti, e poi nella devastazione di un Sud martoriato dall'avanzata degli Alleati, c'è il ricordo della bellezza, il calore degli affetti. Mentre si nutre con le lumache rosse che emergono dal terreno dopo la pioggia, emergono anche le sue memorie: la festa del Santo a Ferragosto, il profumo di burro e vaniglia dei biscotti preparati dal padre, il sapore dei babaluci in umido, l'emozione della Targa Florio, la celebre corsa automobilistica. E il calore dei baci di Maria Assunta che, forse, lo sta ancora aspettando e che lui desidera riabbracciare a ogni costo.
Per Nino l'8 settembre è stato un inganno. Illuso dai tedeschi che, in seguito all'armistizio sarebbe stato condotto a casa, invece viene condotto in un campo di lavoro e, perché militare, trattato peggio degli altri prigionieri. Condotto in "un pezzo di Germania che si chiama Austria, al Nord, invece che al Sud". Le prime pagine di questo breve romanzo ci parlano degli ultimi giorni di prigionia prima della fuga verso il paese natio: Petralia Soprana, nella lontanissima Sicilia.
Nino appare subito come una persona buona d'animo, spesso ingenua, a tratti sembra poco matura. Seppur segnato dalla sofferenza fisica e psicologica, permane questo carattere molto, troppo semplice.
È un romanzo molto sensoriale: gli odori, i piccoli gesti, gli occhi delle persone incontrate sul cammino, riportano con la mente a casa e acuiscono quella nostalgia che, già nel campo, era considerata la più crudele delle malattie.
Nino cammina, viaggia, nascondendosi per paura di essere scoperto dai tedeschi, ma ha paura anche degli italiani che vede diversi rispetto a com'erano prima dell'inizio della prigionia. Si spaventa però, anche delle azioni che la fame, la stanchezza, l'assenza degli affetti gli fanno compiere. L'assenza di malizia e la poca accortezza non gli renderanno le cose più semplici.
La storia per quanto cruda e dolorosa, si rivela molto tenera grazie a uno stile narrativo semplice. L'associazione della scrittura di Albanese al candore del protagonista, mi fa pensare a questo romanzo come libro adatto a essere adottato come libro di narrativa nelle scuole.
In definitiva per me è stato un racconto, che si è fatto apprezzare più per la penna dell'autore che per la storia in sé.
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