RECENSIONE EPPURE CADIAMO FELICI
21:55🌟🌟🌟☆
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Una vita che è solo un tunnel.
Un tunnel da cui non importa se uscire o meno.
Gioia. Anzi, Maiunagioia. La chiamano così, gli altri.
Gli altri, i compagni di scuola che, non vedendola sorridere credono non sia felice, ma Gioia ha il suo mondo e loro, nel suo mondo non ci sono, non servono perché lei vuole sentirsi "migliore da sola" e non facendo parte di un gruppo.
Gioia basta a se stessa.
Lei, il suo mondo, le sue parole.
Quanto potere hanno le parole?
Un potere così forte che alcune sono intraducibili con un solo termine: esse esprimono più concetti, più significati insieme. Diventano così, esclusive, quasi intaccabili da intervento umano. Gioia conosce bene queste parole, da esse è affascinata: anche lei è "intraducibile", nessuno la può comprendere.
Una nonna che vegeta in un letto, genitori che fanno "tira e molla", compagni di scuola per i quali non esiste. Anche gli altri non esistono per lei, se non di spalle, in bianco e nero e su carta fotografica.
Esiste, si fa per dire, Tonia, la sua amica immaginaria e il professore di filosofia al quale porre domande esistenziali e che si rivelerà più padre del suo padre vero.
"Gioia Spada è una che è capace, quando le fanno un regalo, di aprire solo il bigliettino e di scordarsi di aprire il pacco... Gioia Spada è uno che non sorride tanto spesso, ma quando lo fa accende la luce... Gioia Spada è una che quando vede un cane lo saluta, sempre... Gioia Spada è una che quando mangia la pizza parte dalla crosta".
Quando il romanzo sembra assumere sempre più i connotati di un romanzo adolescenziale, ecco che, inizia a prendere una strada inaspettata e, senza accorgertene la storia ti rivela come le persone incontrate sul cammino di Gioia possano far apparire la luce nel tunnel. Una di queste è Lorenzo, detto Lo, ma da Gioia chiamato "articolo determinativo". Grazie a lui Gioia vede che c'è la luce anche per lei. Per giungerci però, occorre attraversare il tunnel e preparare gli occhi a non essere abbagliati perché "è possibile che qualcosa abbagli così tanto da ingannare. Qualsiasi luce, quando è troppa, finisce per distorcere le nostre percezioni".
E scopriamo così che esiste una parola in italiano intraducibile: abbacinare. Significa fare così tanta luce da far male.
"Troppa luce, troppa felicità possono anche essere una tortura".
Con Lo, Gioia vede la possibile realizzazione del suo sogno più grande: rendere felici qualcuno.
E avviene la svolta, cambia l'orizzonte, la meta e i binari su cui viaggiare.
La luce che intravede in Lo piace a Gioia, la cerca perché crede sia la luce che potrà illuminare la sua vita, ma poi si troverà a dover portare lei la luce, lottando con il desiderio di guardare l'amore con gli occhi della ragione.
Il percorso di Gioia sarà, quasi inconsapevolmente per eli, un cammino di maturazione profonda che le farà dire: "Finché stavamo soli, io e te, finché il mondo se ne stava così lontano, era come se fossimo dentro in aeroplano che viaggia a ottomila metri di altezza, io e te soli, e il buio non c'era, il buio se ne stava per i fatti suoi, mi toccava ogni tanto, ma poi se ne andava subito... ho capito... che col buio bisogna farci i conti".
La penna di Galiano si rivela così sorprendente perché è una scrittura semplice e con la sua semplicità ti ammalia per portarti dinanzi a riflessioni filosofiche di un certo livello, senza quasi accorgertene.
E come una mamma che "inganna" con distrazioni e canzoncine varie il figlio che non vuol mangiare la solita minestrina, così l'autore ci prende in giro facendoci credere di leggere un romanzo per ragazzi e, intanto, ci nutriamo di filosofia, di linguistica e di Pink Floyd. Perché "la musica dei Pink Floyd ti stacca da terra, ti solleva, è triste spesso, ma lo è in un modo che la tristezza sembra quasi una cosa bella, perfino dolce, e poi nel bel mezzo di questa tristezza dolce ti svegli e ti accorgi che non sei più triste, che hai i piedi che non toccano più terra, che sei oltre, che il mondo è laggiù e tu lì, che sei come salva: lontana, e quindi salva"
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