22 marzo 2021

RECENSIONE LA SPOSA ITALIANA

LA SPOSA ITALIANA * Adriana Trigiani * TRE60 * pagg. 524


Bergamo, 1910. C'è tutta la gioia del primo amore nel legame che unisce Enza e Ciro: bellissima e volitiva lei, energico e riflessivo lui, già immaginano la loro vita insieme, a onta delle difficoltà concrete, quotidiane, del loro villaggio tra i monti. Ma il destino ha deciso diversamente: Ciro scopre un segreto troppo grande per il suo animo semplice e viene costretto ad andarsene lontano, addirittura al di là dell'oceano. Finirà per lavorare come apprendista nella bottega di un calzolaio a New York, a Little Italy. E in quel mondo nuovo, frenetico e pieno di possibilità, il pensiero di Enza pare sempre più lontano, sempre più sfumato... È la povertà che spinge la famiglia di Enza a compiere lo stesso viaggio verso l'America. Ferita dall'abbandono di Ciro, la ragazza si dedica anima e corpo al suo lavoro di ricamatrice e, ben presto, inizia a lavorare al Metropolitan, dove realizza abiti lussuosi per le star dell'opera lirica. Ed è lì che incontra un ricco e affascinante americano, deciso a farle dimenticare quell'amore che appartiene a un altro tempo e a un altro continente... Non sapendo di vivere nella stessa città, Enza e Ciro s'incamminano su strade sempre più divergenti: il successo negli affari per lui e la promessa di una vita agiata per lei. Il passato è dimenticato, il presente è sereno, il futuro sembra tracciato. Poi, un giorno, Enza e Ciro si incontrano di nuovo. E tutto cambia.


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Lo senti sin dalle prime righe che il romanzo é scritto con il cuore. Quel cuore alimentato da sangue proveniente da radici lontane e ansiose di essere riscoperte e mai dimenticate. 
Lo ha fatto con abile maestria Adriana Trigiani, sceneggiatrice, regista e produttrice, nata in Virginia, ma di origini italiane. Con la volontà di aprire i cassetti della memoria, l'autrice italo - americana si ispira ai suoi nonni per dare vita e voce a Enza e Ciro, alla loro voglia di vivere con spirito di abnegazione, di sacrificio per la famiglia, per il prossimo, con la voglia di riscatto e di affermazione della propria dignità. E così ci troviamo a Bergamo dove si svolgono le giornate di Eduardo e Ciro, due fratelli lasciati dalla madre presso le suore di San Nicola, perché vedova e in cerca di un lavoro che le permetta di riprendere i suoi due ragazzi. 
C'è Enza, prima di sei figli, che a 10 anni è già adulta, cresciuta in fretta per necessità. Le loro storie si sfioreranno, si toccheranno, si allontaneranno per poi trovarsi di nuovo.
Un arco temporale di circa 35 anni, raccontato in poco più di 500 pagine. Nessuna lacuna ho avvertito nella scrittura. Tutto è stato raccontato. Con dovizia di particolari nel descrivere le amate montagne che hanno cullato le vite dei Lazzari e dei Ravanelli, o i paesaggi americani che hanno accolto i destini di giovani in cerca di sé. Lo stile dell'autrice fa entrare appieno nella storia coinvolgendo fino alle lacrime, alla felicità, all'ansia, alla paura di non farcela.
La vita di Ciro ed Enza e degli altri protagonisti che caratterizzano le loro esistenze sono narrate con una penna che immerge nei loro occhi e con loro partecipiamo alla costruzione di un futuro senza nulla di regalato. Se un regalo o una sorpresa si presenta è perché la Provvidenza, quella in cui crede Enza, lo ha donato. Si lotta per il necessario, il di più viene da Dio. 

"E' il segreto della felicità, sai. Prendere soltanto quel che serve."


Emerge costantemente la voglia di raggiungere un sogno, a tutti i costi, ma non per un fine egoistico. Tutto è mirato al bene degli altri: di coloro che sono rimasti in Italia per badare a quel poco di proprietà, di coloro che, seguendo lo stesso sogno non mancheranno di condividere vitto e alloggio.

E' una storia che fa nascere sentimenti profondi come le radici di alberi secolari per poi emergere con il riscatto come chiome sempreverdi. Si comprende bene come il romanzo abbia tanto di personale per la Trigiani. Lo si avverte da una scrittura calda, che scorre ora dolce come il fiume vicino casa, ora impetuosa come le onde dell'oceano. 

Ho amato molto la figura di Enza, con la sua determinazione, la sua sicurezza, mai priva di umiltà. Enza, la donna che insegna come avere coraggio nel non accontentarsi, nel prendere le decisioni più difficili lasciando la strada più semplice perché già spianata, ma che non ha via d'uscita se non quella della rinuncia ai propri sogni. 

Enza, la donna per la quale tutto ha una soluzione, tranne la morte, Tutto si risolve senza cullarsi sugli allori. 

Con questa caratterizzazione ho rivisto in lei la mia mamma, ragion per cui non poteva non conquistarmi. 

 

14 marzo 2021

RECENSIONE LE BALENE MANGIANO DA SOLE

LE BALENE MANGIANO DA SOLE * Rosario Pellecchia * Feltrinelli editore * pagg. 272

 



Napoletano, ventitreenne, trapiantato a Milano. Gennaro Di Nola, detto Genny, di professione fa il rider, e ha un'abitudine diventata quasi un gioco: indovinare il tipo di persona che gli aprirà la porta in base al cibo che ha ordinato. Quei pochi secondi in cui sbircia nella vita degli altri, fermo sulla soglia della loro casa, sono per lui una tentazione irresistibile, ed è difficile che sbagli a tracciare un profilo. Una sera però, contro ogni pronostico, incontra Luca, dodici anni, capelli a spazzola con un po' di crestina, maglia del Napoli e un secchio grande di pollo fritto di Crispy World da mangiare da solo. La madre è uscita, il padre non c'è mai stato; è in un posto lontano a nutrire le balene, o almeno così gli hanno detto fin da piccolo. Un'assenza che si riflette nei suoi occhi nerissimi e profondi, in cui Genny intuisce un dolore che in qualche modo li accomuna. Bastano poche battute perché il ragazzino riesca a convincerlo a entrare in casa per guardare la Champions League in tv. Di partita in partita, nasce così un'amicizia tenera e un po' surreale, inizialmente osteggiata dalla madre di Luca, restia a fidarsi di uno sconosciuto, e poi sempre più stretta. Finché Luca annuncia di voler andare a Napoli con Genny. Sarà insieme una grande avventura e un viaggio nel passato, per poi scoprire di essere a casa.


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"Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira".

 

J.D. Salinger - Il giovane Holden 


E' stata questa la sensazione che ho provato al termine della lettura di questo breve, ma intenso romanzo. Avrei voluto abbracciare l'autore per ringraziarlo di aver scritto una storia così. 


Genny. Napoletano trapiantato da tre anni a Milano per completare gli studi. Rider per mantenersi agli studi, con la sua bicicletta consegna pasti a clienti affamati, ovunque chiedano di essere serviti. Un lavoro che ama particolarmente nonostante il suo coinquilino senegalese, che gliel'ha fatto scoprire, ne sottolinei solo gli aspetti negativi relativi a diritti non rispettati. Genny ama invece l'umanità di questo mestiere: conoscere gente così diversa gli dà modo di riempirsi la testa e non pensare, di distrarsi da eventi passati, ma mai superati.

Poi, un giorno, quella porta si apre per consegnare pollo fritto, ma nessuno si presenta: dovrà abbassare lo sguardo perché ad accoglierlo ci sarà Luca, dodici anni, che nella sua serata solitaria davanti ad una partita di Champions non esiterà ad invitare Genny a fare il tifo con lui per il Napoli.

Se la madre di Luca è a lavoro a Milano, il padre è sempre stato lontano "per dar da mangiare alle balene", ma da quando ha scoperto che le balene mangiano da sole, nel cuore del ragazzo l'assenza della figura paterna si è fatta sentire più forte.

Ecco cosa ha fatto da calamita tra Genny e Luca. Anche il rider ha un enorme vuoto dentro che finge di non avvertire e, quando scopre che Luca invece può evitare che quell'assenza si calcifichi nell'animo, decide di aiutarlo. 

Questo, unito al suo ritorno a Napoli, per la semifinale di Champion, lo porterà a fare i conti con il suo vuoto.

Che storia densa di emozioni!!

La sua apparente leggerezza rende il cuore così malleabile e più disponibile a far entrare dolcezza, tristezza, rabbia, voglia di vivere, nostalgia, voglia di riscatto, tenerezza.

Come dice Laura di @biblio_eliza: "Se un libro riesce a strapparti un sorriso nonostante racconti momenti difficili, è un libro bello."


Qui ogni personaggio ha la sua valenza e la sua completezza resa tale dall'analisi antropologica di Genny. Tutto scivola leggero leggero, lasciandoti una rugiada di tenerezza che idrata animi resi aridi da periodi difficili.

Una scrittura semplice per una storia da cui ci si aspetterebbe un finale scontato, ma anche in questo l'autore è stato in grado di stupire. 

Assolutamente consigliato se avete voglia di farvi coccolare, ma iniziate a cucinare, perché più si va avanti nella lettura e più aumenterà la fame!

Dopo la lettura, recuperate la presentazione del libro su @feltrinelli_editore con la partecipazione di @biblio_eliza. Non ci sono spoiler 1e potreste vederla anche prima, ma se come me, avete paura di spoilerarvi anche le possibili emozioni che un testo può suscitare, non correte il rischio.

Vogliamo parlare poi della bellissima voce che l'autore ha? Dovrò seguire 105 friends 😉😉

12 marzo 2021

RECENSIONE C'ERA UNA VOLTA ADESSO

 

C'era una volta adesso * Massimo Gramellini * Longanesi editore * pagg. 288



Cosa racconteremo di noi e della nostra vita ai nostri nipoti? Mattia decide di iniziare dalla primavera dei suoi nove anni, nel 2020, quando, mentre il mondo da un giorno all'altro si rinchiude in casa, si ritrova costretto nel microcosmo di un condominio di ringhiera a fronteggiare il suo più grande nemico: quel padre che l'aveva abbandonato quando aveva solo tre anni. Mentre tutto si stravolge, l'ansia e la paura prendono il sopravvento, la scuola viene racchiusa in un computer, i vicini cantano dai balconi e gli amori vivono storie impossibili, il piccolo Mattia, grazie all'aiuto di una nonna che dai libri e dalle stelle ha appreso la tenera saggezza della vita, e di una sorella ribelle e affettuosa, comincerà a capire qualcosa di nuovo e importante: diventare grandi significa anche provare a scommettere sugli altri e imparare a fidarsi. Persino dei più acerrimi nemici. Massimo Gramellini, con la sua straordinaria empatia, ci racconta in una storia di sentimenti e speranze la sorprendente scoperta di potersi continuamente reinventare.

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"C'era una volta adesso" è la storia del lockdown di un anno fa raccontata dalla bocca di Mattia, 9 anni.

Un modo semplice, genuino, ingenuo come solo un bambino della sua età può fare, mascherando da eroi, cattivi e banditi i vicini di casa, per vivere con apparente normalità un periodo che di normale non ha proprio nulla. 

E' il primo romanzo che leggo di questo autore e devo dire che è stata una bellissima scoperta.

La storia scorre, di certo non come il tempo che non passa mai stando chiusi in casa così a lungo, mettendo in evidenza quei sentimenti contrastanti che hanno caratterizzato il primo lockdown (e purtroppo anche questi giorni): paura e speranza, affetto e odio, voglia di cambiare e timore di perdere ciò che si è conquistato.

Mattia li vive attraverso le sue vicende familiari che lo portano a rivalutare la figura paterna fino a quel momento persa, e ora tornata a casa perché costretta dalle circostanze; una sorella e le sue pene adolescenziali dovute a un amore impossibile da vivere; una madre che teme di dover rimettere in discussione i suoi punti fermi. Un grande aiuto per Mattia saranno le pillole di saggezza della nonna, amante della cultura e delle stelle.

"Quando hai perdonato ti senti talmente pulito che gli abiti di prima ti sembrano sporchi. E ti viene soltanto voglia di metterne di nuovi"


C'è speranza, tanta speranza in questo testo. Speranza in un'evoluzione positiva della pandemia, ma anche della capacità umana di gestire i rapporti interpersonali. Una speranza che si affievolisce perché, a distanza di un anno se, per la gestione del virus, un vaccino è stato trovato, per la gestione dei rapporti umani non abbiamo capito che il vaccino c'è sempre stato: ragionare e far parlare il cuore. Gramellini, grazie a Mattia, ce lo ha fatto comprendere: essere in grado di rivedere le proprie certezze non è sinonimo di debolezza, ma segno di maturazione e grande forza interiore. 

08 marzo 2021

RECENSIONE SENZA COLPA

 

SENZA COLPA * Corbaccio editore * pagg. 396

Una calda giornata estiva: Kate Linville, sergente investigativo di Scotland Yard, si trova sul treno che da Londra la conduce al commissariato di Scarborough nello Yorkshire, il suo nuovo posto di lavoro ma anche un luogo legato alla sua infanzia e agli ultimi casi su cui ha investigato. Improvvisamente una donna le chiede aiuto: è inseguita da un aggressore armato, che tenta di ucciderla sparando un colpo di pistola prima di dileguarsi. Contemporaneamente la cittadina costiera è sconvolta da quanto è successo a un'insegnante di liceo, che rischia la paralisi in seguito a una caduta in bici dovuta a un cavo teso sulla strada da uno sconosciuto, che prima di fuggire le ha sparato. Due donne che non si conoscono e che nulla hanno a che fare l'una con l'altra. Eppure, la pistola che ha sparato è la stessa. Ma se l'arma è il collegamento tra i due tentativi di omicidio, quali altre relazioni ci sono? Kate, prima ancora di prendere ufficialmente posto nella nuova sede, si trova per le mani un'indagine complessa e ulteriormente complicata dal fatto che il suo diretto superiore e amico, Caleb Hale, è stato momentaneamente sospeso dal servizio. E dalla volontà di troppe persone di custodire gelosamente dei segreti dietro un muro insormontabile di silenzio, menzogne e paura, che perdura da anni. Quando il muro comincerà pian piano a sgretolarsi, sempre più persone saranno in pericolo di vita, ma nessuno vorrà rivangare il passato. O forse quasi nessuno.


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Ho letto tutti i romanzi della Link e non mi stanco mai della sua scrittura. 

La sua capacità di avvolgerti, incatenarti e portarti nella storia è unica. 

Thriller mai banali, intrecci di vite apparentemente slegate tra loro, ma che sorprendentemente si affiancano e si fondono fino a diventare una storia sola.

In questo romanzo torna il sergente investigativo di Scotland Yard  Kate Linville, che avevamo conosciuto ne La Palude, per condurre un'indagine complessa che sembra non avere via d'uscita.

Segreti e bugie per troppo tempo chiusi nelle menti e nei cuori di chi vorrebbe continuare a custodirli e comprimerli.

La loro forza prorompente li farà riaffiorare perché nulla può essere nascosto.

La verità non può essere celata.

Non è un thriller banale.

E' così pregno di una valenza psicologica che mi ha destabilizzato, e non poco. Un thriller che scuote non solo per il ritmo tipico di romanzi del genere.

Unico perché fino ad ora non ho letto thriller in grado di toccare corde molto intime fino alle lacrime.

Charlotte Link è stata in grado di farlo.

03 marzo 2021

RECENSIONE L'INIZIO DI OGNI COSA

 

L'INIZIO DI OGNI COSA * Luca Ammirati * Sperling & Kupfer * pagg. 241


Tommaso credeva di avere dei punti fermi nella vita: il tranquillo lavoro come professore di liceo; una compagna su cui contare, Irene; i suoi romanzi preferiti, di cui ama trascrivere gli incipit sulla Moleskine arancione che porta sempre con sé. Finché una sera, a una festa, la sospetta confidenza tra Irene e un nuovo collega e il logorante litigio che ne segue fanno vacillare ogni sua certezza. Così, quando la mattina dopo lei parte per un viaggio di lavoro, Tommaso rimane da solo a Sanremo, in preda ai dubbi sul loro rapporto, su se stesso e la sua vita. I giorni lontano da Irene gli serviranno a capire che non può controllare la tempesta che ha dentro, per superarla deve passarci in mezzo, sfidarla. Prima l'imbattersi in una serie di quadri raffiguranti un misterioso volto femminile, poi l'incontro con una donna del suo passato: la vita sembra prendersi gioco di lui, ma lo conduce in un posto magico sulle colline sanremesi, Bussana Vecchia, un paese semidistrutto da un terremoto e ripopolato da una comunità di artisti. Quel luogo sulle colline, che è stato capace di andare oltre la fine, insegnerà a Tommaso che solo accettando il nostro passato possiamo camminare verso il futuro: come dopo un terremoto, quando qualcosa finisce, è lì che tutto comincia, che è il momento di scrivere un nuovo inizio.


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"Se vuoi combattere cerca la pace. Se vuoi essere libero, non giudicare. Se vuoi essere leggero, perdona."

Lo scrittore ci porta nella vita di Tommaso, professore di italiano in un liceo sanremese, alle prese con diversi problemi da risolvere: la gelosia per la sua compagna, una madre che ha abbandonato lui e suo fratello, un' ex fidanzata che ritorna sul palco della sua vita.

C'è Irene, la sua attuale fidanzata, e il suo lavoro: cene, viaggi frequenti, occasioni per poter svagare da un rapporto segnato da continui sospetti di un tradimento.

C'è Il trauma  dell'abbandono vissuto da piccolo  che torna  a galla con un dipinto trovato per caso in un mercato rionale. Da qui parte la ricerca dell'autore del quadro e si troverà a Bussana Vecchia, un paese sulle colline liguri, semidistrutto da un terremoto. 

La vita, in questo borgo, è rappresentata da un gruppo di artisti ognuno dei quali si é rifugiato tra i resti di case diroccate, per ritrovare se stessi. 

A fare da sottofondo c'è Monica e la sua voglia di recuperare un passato che sembrava definitivamente chiuso. 

Diversi aspetti e accadimenti uniti da due temi: il tradimento e l'abbandono. 

Sono comuni sì, ma la costruzione della storia e il suo sviluppo non presenta il collante che tiene uniti i traumi di Tommaso. Ho avuto l'impressione di leggere tre storie diverse. 

Ho trovato inoltre, troppo forzato il linguaggio impiegato dagli attori del romanzo.

Ogni personaggio utilizza troppe frasi artefatte velando la storia di poco realismo. Gli artisti di Borgana Vecchia mi sono sembrati uno studio associato di psicologi. 

Devo dire di aver ritrovato con piacere l'Ammirati innamorato della propria terra e in grado di descriverla con tanto calore. 

"L'azzurro del cielo ha fatto capolino tra le nuvole e il mattino ha portato il bel tempo. Anche in autunno, Sanremo scalpita per i raggi rincuoranti del sole caldo e per un mare invitante. E' il dolce paradosso di questo periodo: di giorno si fa il bagno e magari la sera si mangiano le castagne"

Ho perso però lo scrittore che mi aveva fatto sognare con "Se i pesci guardassero le stelle" illuminando gli occhi e il cuore. 

Spero di ritrovarlo presto.