22 aprile 2022

RECENSIONE "LE LETTERE DI ESTHER" di Cécile Pivot - Rizzoli

 

Le lettere di Esther * Cécile Pivot * Rizzoli * pagg. 288










È per colmare la nostalgia che Esther, libraia di Lille, decide di organizzare un laboratorio di scrittura epistolare. Per lei, che con il padre ha intrattenuto una corrispondenza durata vent'anni, è come riportare in vita un rituale antico: accantonare per un po' l'immediatezza delle mail e l'infinita catena di messaggi WhatsApp che ogni giorno ci scambiamo, per sedersi a un tavolo, prendere carta e penna, darsi tempo, nel silenzio di una stanza tutta per noi, e raccontarsi. Trovare le parole giuste per qualcuno che ci leggerà, non ora e nemmeno domani. E riassaporare il gusto perduto di una comunicazione più ricca, più sensata. “Da che cosa ti difendi?” è la prima, spiazzante domanda di Esther per i cinque sconosciuti che, rispondendo al suo annuncio, hanno scelto di mettersi in gioco. Attraverso piccoli quadri della loro vita quotidiana e l'intenso scambio epistolare si delineerà poco per volta il ritratto di una classe eterogenea e sorprendente: Samuel, il più giovane, che non riesce a piangere per la morte del fratello; Jeanne, ex insegnante di pianoforte, vedova, che si difende dalla solitudine accudendo animali maltrattati; Jean, un uomo d'affari disilluso che vive per il lavoro e ha perso contatto con le gioie più autentiche; Nicolas e Juliette, una coppia in crisi sulla quale il passato getta ombre soffocanti. Esponendo dubbi e debolezze all'ascolto e alle domande, la scrittura sarà, per loro, lo strumento per rivelarsi l'uno all'altro con sincerità, alleggerendo il cuore. Intriso di tenerezza e umanità, Le lettere di Esther è un elogio alla lentezza, una celebrazione della forza delle parole, un resoconto travolgente delle fragilità umane.

18 aprile 2022

RECENSIONE "IL FILO AVVELENATO" di Laura Purcell - Mondadori

IL FILO AVVELENATO * Laura Purcell * Mondadori * pagg. 420

Gran Bretagna, prima metà dell'ottocento. Dorothea Truelove è giovane, bella e ricca. Ruth Butterham è giovane, ma povera e consumata da un segreto oscuro e terribile. Un segreto che rischia di condurla alla forca. I loro destini si incrociano alla Oakgate Prison, dove Ruth è rinchiusa in attesa di processo per omicidio e dove Dorothea si dedica ad attività caritatevoli; soprattutto, qui la ragazza trova il luogo ideale per mettere alla prova le neonate teorie della frenologia – secondo cui la forma del cranio di una persona spiega i suoi peggiori crimini – che tanto la appassionano. L'incontro con Ruth fa però sorgere in lei nuovi dubbi, che nessuna scienza è in grado di risolvere: è davvero possibile uccidere una persona usando solo ago e filo? La storia che la prigioniera ha da raccontare – una storia di amarezze e tradimenti, di abiti belli da morire – scuoterà la fede di Dorothea nella razionalità e nel potere della redenzione.

02 aprile 2022

RECENSIONE LA SALITA DEI GIGANTI

 

LA SALITA DEI GIGANTI. La saga dei Menabrea  * Francesco Casolo * Feltrinelli editore * pagg. 416  




La Belle Époque è alle porte e il cinema sta per essere inventato quando, il 29 agosto 1882, Carlo Menabrea organizza un sontuoso ricevimento per festeggiare l’acquisto di un castello poco lontano da Biella. Nessuno in città ha intenzione di perdersi l’evento, ma pochi sanno che l’origine di tanta fortuna risiede in una scommessa fatta trent’anni prima: il padre di Carlo, Giuseppe, walser di Gressoney, che come i suoi antenati valicava a piedi i ghiacciai per commerciare lana e prodotti di artigianato in Svizzera, ha deciso di puntare tutto su una bevanda, la birra. Quando nel cielo sopra il castello esplodono i fuochi d’artificio che illuminano il cortile a giorno e si riflettono sul volto di Carlo, anche la sua secondogenita Eugenia, che tutti chiamano Genia, avrebbe qualcosa da domandargli: perché, qualche settimana prima, ha insistito perché fosse lei, e non le sue sorelle, ad accompagnarlo in montagna? E perché, raggiunta la vetta, al cospetto dei Giganti del Monte Rosa, ha tanto voluto che lei, a soli sei anni, assaggiasse la birra?


Fra amori, gelosie, gloria e cadute – e un destino che, come una valanga, colpisce sempre nello stesso punto –, solo più tardi Genia intuirà quello che suo padre non aveva osato dirle: quel sorso di birra era un rito iniziatico. È lei la prescelta, l’erede designata per portare avanti la tradizione di famiglia, anche se nessuno vuole fare affari con una donna. Per riuscirci Genia dovrà, con l’aiuto della madre, diventare un Gigante, come suo padre e suo nonno e come le montagne ai piedi delle quali sono cresciuti tutti loro.


Grazie a un accurato lavoro di ricerca, Francesco Casolo ha costruito un’appassionante saga familiare, epica e intima al tempo stesso, in cui le donne si ritagliano il proprio spazio nella storia con determinazione e coraggio.


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Fine '800.

Il cinema inizia a fare la sua comparsa insieme al telefono così come la lampadina elettrica .

In un contesto di cambiamenti importanti frutto anche dello sprint dato da una rivoluzione industriale che si era chiusa relativamente da poco, vediamo tessere le fila di una famiglia che si muove tra Gressoney e Biella, definita la Manchester italiana per l'importante industria tessile in essa insediata.

La famiglia è quella dei Menabrea.

Anch'essa come molte altre della zona commerciava lana e prodotti artigianali fino a quando Giuseppe Menabrea vide nella produzione della birra, un'occasione per crescere economicamente. 

Da questa visione prospettica nascerà la fortuna dei Menabrea grazie alla consegna poi, delle redini nelle mani di Carlo, figlio di Giuseppe. 

Francesco Casolo, l'autore, si ritrova in mano diari e lettere della secondogenita, Eugenia, detta Genia. Dai suoi occhi assisteremo all'ascesa della famiglia, grazie ad un lavoro accurato e studio approfondito dello scrittore. 

La scrittura fluida, semplice ci narra della vita dei Menabrea e in particolare di Genia, ricca di amore per la famiglia, per la propria terra e per le proprie radici.

Genia, bambina, ragazza e poi donna che ai primi interrogativi sul suo destino, vedrà seguire scenari con orizzonti sempre più definiti.

La sua vita  e dei suoi cari sarà costellata da eventi spiacevoli, ma sono proprio questi ad aver fatto diventare forte i Menabrea. Così forti, ma mai chiusi ai cambiamenti e non solo per opportunità economiche. Anzi, Casolo sottolinea come l'apertura al mondo e all'innovazione era dettata anche dalla voglia di far gustare ai propri cari, ai concittadini, una bevanda che avesse fatto brillare gli occhi per il suo gusto unico.

Anche il loro notevole contributo allo sviluppo delle vie di comunicazione tra Svizzera e Italia non è stato solo frutto di una ricerca di accessi più facili per commerciare. Alla base c'era sempre un obiettivo: vedere avvicinare cuori lontani. Ho apprezzato il non omettere, da parte di Casolo, i difetti di Genia depurandola così da un'eccessiva connotazione di donna perfetta che stava assumendo nella storia. 

Certo è che da sempre, in qualsiasi sua espressione si avverte quel profondo legame indissolubile con il padre Carlo, suo grande e unico punti di riferimento.

Con il proseguire della lettura capiremo che i Giganti non sono solo le vette del Monte Rosa. I Giganti sono coloro i quali non si fermano al presente, non si fanno carico del passato che diventa zavorra, ma lo trasformano in fondamenta su cui costruire il futuro. 

Una storia che, per la sua natura intrinseca e per la scrittura con cui è stata narrata si presta, secondo me, alla trasposizione su pellicola.