16 dicembre 2021

RECENSIONE EPPURE CADIAMO FELICI


EPPURE CADIAMO FELICI * Enrico Galiano * Garzanti editore * pagg. 384

Il suo nome esprime allegria, invece agli occhi degli altri Gioia non potrebbe essere più diversa. A diciassette anni, a scuola si sente come un’estranea per i suoi compagni. Perché lei non è come loro. Non le interessano le mode, l’appartenere a un gruppo, le feste. Ma ha una passione speciale che la rende felice: collezionare parole intraducibili di tutte le lingue del mondo, come cwtch, che in gallese indica non un semplice abbraccio, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro. Gioia non ne hai mai parlato con nessuno. Nessuno potrebbe capire. Fino a quando una notte, in fuga dall’ennesima lite dei genitori, incontra un ragazzo che dice di chiamarsi Lo. Nascosto dal cappuccio della felpa, gioca da solo a freccette in un bar chiuso. A mano a mano che i due chiacchierano, Gioia, per la prima volta, sente che qualcuno è in grado di comprendere il suo mondo. Per la prima volta non è sola. E quando i loro incontri diventano più attesi e intensi, l’amore scoppia senza preavviso. Senza che Gioia abbia il tempo di dare un nome a quella strana sensazione che prova. Ma la felicità a volte può durare un solo attimo. Lo scompare, e Gioia non sa dove cercarlo. Perché Lo nasconde un segreto. Un segreto che solamente lei può scoprire. Solamente Gioia può capire gli indizi che lui ha lasciato. E per seguirli deve imparare che il verbo amare è una parola che racchiude mille e mille significati diversi. Ci sono storie capaci di toccare le emozioni più profonde: Eppure cadiamo felici è una di quelle. Enrico Galiano insegna lettere ed è stato nominato nella lista dei migliori cento professori d’Italia. I giovani lo adorano perché è in grado di dare loro una voce. Grazie al suo modo non convenzionale di insegnare, in breve tempo è diventato anche un vero fenomeno della rete: ogni giorno i suoi post su Facebook e i suoi video raggiungono milioni di visualizzazioni. Un romanzo su quel momento in cui il mondo ti sembra un nemico, ma basta appoggiare la testa su una spalla pronta a sorreggere, perché le emozioni non facciano più paura.



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Una vita che è solo un tunnel.

Un tunnel da cui non importa se uscire o meno.

Gioia. Anzi, Maiunagioia. La chiamano così, gli altri.

Gli altri, i compagni di scuola che, non vedendola sorridere credono non sia felice, ma Gioia ha il suo mondo e loro, nel suo mondo non ci sono, non servono perché lei vuole sentirsi "migliore da sola" e non facendo parte di un gruppo. 

Gioia basta a se stessa.

Lei, il suo mondo, le sue parole.

Quanto potere hanno le parole?

Un potere così forte che alcune sono intraducibili con un solo termine: esse esprimono più concetti, più significati insieme. Diventano così, esclusive, quasi intaccabili da intervento umano. Gioia conosce bene queste parole, da esse è affascinata: anche lei è "intraducibile", nessuno la può comprendere.

Una nonna che vegeta in un letto, genitori che fanno "tira e molla", compagni di scuola per i quali non esiste. Anche gli altri non esistono per lei, se non di spalle, in bianco e nero e su carta fotografica.

Esiste, si fa per dire, Tonia, la sua amica immaginaria e il professore di filosofia al quale porre domande esistenziali e che si rivelerà più padre del suo padre vero.

"Gioia Spada è una che è capace, quando le fanno un regalo, di aprire solo il bigliettino e di scordarsi di aprire il pacco... Gioia Spada è uno che non sorride tanto spesso, ma quando lo fa accende la luce... Gioia Spada è una che quando vede un cane lo saluta, sempre... Gioia Spada è una che quando mangia la pizza parte dalla crosta".

Quando il romanzo sembra assumere sempre più i connotati di un romanzo adolescenziale, ecco che, inizia a prendere una strada inaspettata e, senza accorgertene la storia ti rivela come le persone incontrate sul cammino di Gioia possano far apparire la luce nel tunnel. Una di queste è Lorenzo, detto Lo, ma da Gioia chiamato "articolo determinativo". Grazie a lui Gioia vede che c'è la luce anche per lei. Per giungerci però, occorre attraversare il tunnel e preparare gli occhi a non essere abbagliati perché "è possibile che qualcosa abbagli così tanto da ingannare. Qualsiasi luce, quando è troppa, finisce per distorcere le nostre percezioni". 

E scopriamo così che esiste una parola in italiano intraducibile: abbacinare. Significa fare così tanta luce da far male.

"Troppa luce, troppa felicità possono anche essere una tortura"

Con Lo, Gioia vede la possibile realizzazione del suo sogno più grande: rendere felici qualcuno.

E avviene la svolta, cambia l'orizzonte, la meta e i binari su cui viaggiare. 

La luce che intravede in Lo piace a Gioia, la cerca perché crede sia la luce che potrà illuminare la sua vita, ma poi si troverà a dover portare lei la luce, lottando con il desiderio di guardare l'amore con gli occhi della ragione. 

Il percorso di Gioia sarà, quasi inconsapevolmente per eli, un cammino di maturazione profonda che le farà dire: "Finché stavamo soli, io e te, finché il mondo se ne stava così lontano, era come se fossimo dentro in aeroplano che viaggia a ottomila metri di altezza, io e te soli, e il buio non c'era, il buio se ne stava per i fatti suoi, mi toccava ogni tanto, ma poi se ne andava subito... ho capito... che col buio bisogna farci i conti".


La penna di Galiano si rivela così sorprendente perché è una scrittura semplice e con la sua semplicità ti ammalia per portarti dinanzi a riflessioni filosofiche di un certo livello, senza quasi accorgertene.

E come una mamma che "inganna" con distrazioni e canzoncine varie il figlio che non vuol mangiare la solita minestrina, così l'autore ci prende in giro facendoci credere di leggere un romanzo per ragazzi e, intanto, ci nutriamo di filosofia, di linguistica e di Pink Floyd. Perché "la musica dei Pink Floyd ti stacca da terra, ti solleva, è triste spesso, ma lo è in un modo che la tristezza sembra quasi una cosa bella, perfino dolce, e poi nel bel mezzo di questa tristezza dolce ti svegli e ti accorgi che non sei più triste, che hai i piedi che non toccano più terra, che sei oltre, che il mondo è laggiù e tu lì, che sei come salva: lontana, e quindi salva"

 

15 dicembre 2021

RECENSIONE LA CORONA D'INVERNO

 

LA CORONA D'INVERNO * Elizabeth Chadwick * TRE60* pagg.469



Di ritorno dalla catastrofica seconda crociata, Eleonora d'Aquitania e suo marito Luigi VII si separano. Persa la corona di Francia, ma ripresi i suoi possedimenti, poche settimane dopo l'annullamento del matrimonio Eleonora s'imbarca per l'Inghilterra per abbracciare il suo futuro consorte, Enrico II. Nel dicembre 1154 viene incoronata, assieme a Enrico II, regina d'Inghilterra nell'Abbazia di Westminster. Sposa irreprensibile, negli anni turbolenti trascorsi a corte dà alla luce otto figli, futuri eredi della monarchia. Ma lei, donna ambiziosa e volitiva, non si accontenta del suo ruolo di madre e di moglie silenziosa: ambisce al trono. Dopotutto Enrico la tradisce, la fa soffrire, ed è sempre più debole a causa dei contrasti interni al regno. Ma nonostante il sostegno dei figli, il prezzo che Eleonora dovrà pagare per strappargli il potere sarà molto alto... Sullo sfondo del Medioevo si dipana la vita tumultuosa di una regina che ha lasciato il segno nella Storia, ma anche di una donna sola, fiera e a lungo osteggiata.



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In questo secondo romanzo dedicato ad Eleonora d'Aquitania ci troviamo dinanzi ad una regina alle prese con un consorte, re Enrico, assetato di terre, deciso a consolidare il proprio potere. Eleonora non parteciperà a questa ascesa perché relegata nel ruolo di fattrice: la vedrà impegnata per 14 anni.

Un lungo periodo che la porterà pian piano a perdere il potere che aveva acquisito e che le aveva dato quella forza con la quale aveva potuto rompere i rapporti con il precedente marito.

Nella lettura avvertiamo questa sua sofferenza latente, logorante, sostenuta anche dalla credenza medievale che le donne incinte perdessero la capacità di pensare razionalmente (l'autrice esplica ciò nelle note finali). 

Alienor sembra accettare supinamente ogni decisione di Enrico, quasi certa che, al termine dell'eterno puerperio, debba avvenire il suo riscatto.

Il romanzo quindi, per le prime trecento pagine, mi è sembrato più un romanzo rosa, puntinato da scarne descrizioni  degli ambienti e dei paesaggi ad inizio capitolo. 

Una leggera svolta avviene nell'ultima parte: Alienor smette i panni di generatrice di vite e veste quelli di regina che rivendica la sua identità e autorità. La sua voglia di riscatto si scontrerà con la difficoltà di Enrico ad allentare la presa sulle redini del potere, restio a lasciare possedimenti e responsabilità ai propri figli.

La lettura è stata lenta  e noiosa per la prima parte. Solo quel "guizzo finale" di vitalità femminile, carico di riscatto, genera una modesta voglia di leggere il seguito. 


06 dicembre 2021

RECENSIONE IL MANOSCRITTO

 

IL MANOSCRITTO * Franck Thilliez * Fazi editore * pagg..478





Léane Morgan è considerata la regina del thriller, ma firma i suoi libri con uno pseudonimo per preservare la propria vita privata, che ha subito un profondo sconvolgimento: sua figlia Sarah è stata rapita quattro anni prima e la polizia ha archiviato il caso come omicidio a opera di un noto serial killer, pur non essendo mai stato ritrovato il corpo della ragazza. Dopo la tragedia, del suo matrimonio con Jullian non è rimasto che un luogo, la solitaria villa sul mare nel Nord della Francia che Léane ha ormai abbandonato da tempo; ma quando il marito viene brutalmente aggredito subendo una perdita di memoria, lei si vede costretta a tornare in quella casa, carica di ricordi dolorosi e, adesso, di inquietanti interrogativi: cosa aveva scoperto Jullian, perso dietro alla ricerca ossessiva della verità sulla scomparsa della figlia? Intanto, nei dintorni di Grenoble, viene ritrovato un cadavere senza volto nel bagagliaio di una macchina rubata: potrebbe forse trattarsi di un'altra vittima del presunto assassino di Sarah. Le intuizioni del poliziotto Vic, dotato di una memoria prodigiosa, permetteranno di incastrare alcuni tasselli del puzzle, ma altri spaventosi elementi arriveranno a confondere ogni ipotesi su una verità che diventa sempre più distante, frammentaria e, inevitabilmente, terribile.



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Un romanzo nel romanzo.

Si presenta così il libro di Thilliez e questo biglietto da visita non fa prevedere una lettura tanto semplice e lineare. Le vicende che si svolgono nel nord della Francia sono intricate e la scrittura dell'autore trasmette pienamente l'ansia, la tensione e la drammaticità della storia. Avverti tutto dentro di te, fino alle ossa, come l'umidità della nebbia che avvolge "l'ispiratrice", la villa, nella baia dell'Authie, dove Léane porta a termine il suo romanzo di successo.

Il livello di tensione aumenta e diminuisce come le maree, ma senza mai scomparire del tutto.

Le descrizioni degli ambienti, accurate, ma mai polisse, si alternano a quelle dei sentimenti dei protagonisti e la scrittura ansiogena si prende una piccola pausa per far respirare e regolarizzare il battito, ma il tempo è poco. 

Occorre andare avanti. 

La genialità di Thilliez sembra venir meno quando il finale si palesa in maniera quasi scontata. 

Sembra.

È solo un'illusione.

Il genio non è andato via. 

È dietro di noi.

O davanti ai nostri occhi?