17 novembre 2021

RECENSIONE SCOMPARSA

SCOMPARSA * Chevy Stevens * Fazi editore * pagg. 364

 


È una mattina d'estate qualunque per la giovane agente immobiliare Annie O'Sullivan. Quel giorno, le sue uniche preoccupazioni sono l'ennesima lite con la madre, l'open house da organizzare in una casa in vendita nel pomeriggio e la cena con Luke, il suo fidanzato. L'open house va per le lunghe, ma quando si presenta un potenziale acquirente dal sorriso gentile, Annie pensa che possa essere il suo giorno fortunato. Non è così. L'uomo le punta una pistola addosso e, dopo averla drogata, la chiude in un furgone. Al risveglio, Annie scopre di essere stata portata in una casa sperduta tra le montagne. Dove si trova? E chi è quell'uomo? Intrecciato con la storia dell'anno di prigionia che viene svelata durante gli incontri con la psichiatra - un secondo filo narrativo racconta l'incubo del ritorno dopo la liberazione: la lotta di Annie per ricomporre un'esistenza ormai spezzata, le ricerche della polizia per identificare il rapitore e il turbamento per la consapevolezza che questa esperienza, sebbene conclusa, è molto lontana dall'essere superata. Un thriller mozzafiato, una storia di paura e dolore, ma anche di sopravvivenza, della forza di raccontare e di esplorare i recessi più oscuri della psiche umana, dove la verità non sempre rende liberi.


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Confermo pienamente ciò che la sinossi dichiara: è un thriller mozzafiato. 

Uno di quelli che ti tiene incollata, con ansia, paura, rabbia e voglia di gridare : "Aiuto!".

 La protagonista, un'agente immobiliare rapita da uno squilibrato, ci porta a conoscenza della sua tragedia parlandone in prima persona, rivolgendosi non ad un ipotetico lettore, ma alla sua psicoanalista. 

Sappiamo sin da subito che è riuscita a scappare dal suo rapitore, ma ciò non toglie nulla alla storia. 

Assistiamo al suo svelarsi, alla voglia di liberarsi di un peso immane racchiuso dentro di sé, ma anche alla paura di farlo perché la ferita potrebbe riaprirsi e non guarire più.

La Stevens ce lo racconta con una scrittura coinvolgente che scatena un turbinio di emozioni per poi scoppiare in un dolorosissimo colpo di scena. 

07 novembre 2021

RECENSIONE LA VIA DEL BOSCO

 

LA VIA DEL BOSCO * Long Litt Woon * Iperborea edizioni * pagg. 269



La vita cambia in fretta, e questa è la storia di un viaggio iniziato bruscamente quando l’esistenza di Long Litt Woon, una cinquantenne norvegese di origini malesi, viene stravolta dalla scomparsa del marito Eiolf. Nel mezzo di un lutto paralizzante, in cui si rende conto che la morte è un evento al di là di ogni controllo, inciampa nel meraviglioso reame della micologia e dei funghi. E da quel momento si apre per lei un mondo completamente nuovo e una scoperta della natura che allo stesso tempo diventa un percorso verso la vita. L’autrice non aveva mai compreso appieno il piacere degli scandinavi di camminare nelle foreste, ma ora è completamente rapita dalla magia del sottobosco e dalla gioia della ricerca. La via del bosco racconta la storia di due viaggi paralleli: uno interiore, attraverso il paesaggio del lutto, dove la tristezza e la necessità di silenzio si confondono, e uno esterno nell’affascinante regno dei funghi – flessibile, adattabile, vertiginosamente vario e fondamentale per i cicli di morte e rinascita della natura. Il processo di ricerca e di studio portano l’autrice a fare amicizia con i raccoglitori di funghi, una tribù accogliente, talvolta ossessiva, persino eccentrica con le sue regole non dette e i suoi affascinanti riti di passaggio, e a viaggiare da idilliache foreste norvegesi ad anonime aiuole urbane, dalle spiagge sabbiose della Corsica fino a Central Park per scoprire meraviglie naturali spesso nascoste allo sguardo comune: funghi gelatinosi che sembrano usciti dai calderoni delle streghe; sanguinelli color rosa salmone che emettono liquido rosso quando si tagliano; deliziose spugnole apprezzate per il loro sapore terroso e delicato; funghi bioluminescenti che illuminano la foresta di notte. Lungo la strada Long Litt Woon scoprirà che il gesto di dare la sua piena attenzione al mondo naturale può trasformarla, dandole un modo per sopravvivere alla morte di Eiolf e sentirsi di nuovo viva.


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Una cosa è certa: conosco il nome di due o tre tipologie di funghi e a stento le so distinguere. Perciò quando li ricevo in regalo li accetto e li consumo solo se conosco la persona che me li dona, come esperto.

Ebbene, dopo la lettura di questo libro mi sono sentita profondamente ignorante, ma in me è aumentata la stima per i cultori della materia, i micologi, e il rispetto per la natura che ce li dona.


Nella micologia Long Litt Woon ha trovato rifugio e luce in un periodo segnato dalla perdita prematura del marito. In questo mondo, così vasto e variopinto, l'autrice ha trovato tantissimi punti di contatto con il mondo in cui è stata suo malgrado, catapultata. 

Con il suo scritto ci rende partecipi della evoluzione, della crescita, "da neofita del regno dei funghi, da neovedova nel regno del lutto", a esperta riconoscitrice e persona in grado di guardare il passato sorridendo alla morte. 

Due percorsi, come definisce Long Litt Woon, che potrebbero non aver nessun punto in comune, ma la stessa scrittrice ci esplicita i punti di intersezione e lei che vive nei "deserti del lutto" entra nel mondo dei funghi utilizzando una penna di colore diverso. 

Se le prime volte, dinanzi a questa differenza cromatica, il sentimento muta da curiosità per il mondo micologico a profondo rispetto per il dolore della perdita subita, andando avanti i colori si confondono e il rispetto provato nel regno del lutto invade quello dei funghi. La scrittura tecnica, specifica, si confonde con quella più emotiva e intima. Disegni delle varie specie incuriosiscono i nostri occhi. 

"Man mano che l'universo dei funghi si schiudeva davanti a me, mi rendevo conto che la via del ritorno alla vita era più semplice di quanto credessi: si trattava solo di radunare gioie, gioie sfavillanti e crepitanti. Bastava seguire il sentiero dei funghi fino in fondo, anche se non avevo ancora idea di cosa mi attendesse laggiù. Cos'avrei trovato nel grande ignoto che mi prospettava? Cosa si celava dietro svolte, nebbie e declini?"

Così, la passione per la micologia si rivela ancora di salvezza, ritorno alla vita, nuova percezione del mondo intorno a sé.


"Percepire significa esserci...poco per volta ho smesso di osservare la mia vedovanza dall'esterno e piano piano ho ripreso in mano la vita. Forse è questo il vero nesso tra i miei due viaggi, quello involontario nei labirinti del lutto e quello tutto volontario sui terreni della micologia. "