Recensione GRANDE MERAVIGLIA di Viola Ardone - Einaudi

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Grande meraviglia * Viola Ardone * Einaudi * pagg. 297













Elba ha il nome di un fiume del Nord: è stata sua madre a sceglierlo. Prima vivevano insieme, in un posto che lei chiama il mezzomondo e che in realtà è un manicomio. Poi la madre è scomparsa e a lei non è rimasto che crescere, compilando il suo Diario dei malanni di mente, e raccontando alle nuove arrivate in reparto dei medici Colavolpe e Lampadina, dell’infermiera Gillette e di Nana la cana. Del suo universo, insomma, il solo che conosce. Almeno finché un giovane psichiatra, Fausto Meraviglia, non si ficca in testa di tirarla fuori dal manicomio, anzi di eliminarli proprio, i manicomi; del resto, è quel che prevede la legge Basaglia, approvata pochi anni prima. Il dottor Meraviglia porta Elba ad abitare in casa sua, come una figlia: l’unica che ha scelto, e grazie alla quale lui, che mai è stato un buon padre, impara il peso e la forza della paternità. Con la sua scrittura intensa, originale, piena di musica, Viola Ardone racconta che l’amore degli altri non dipende mai solo da noi. È questo il suo mistero, ma anche il suo prodigio.


Con la legge 180, del 13 maggio 1978, l'Italia si distinse come primo paese al mondo (e fino al 2019 fu l'unico) ad abolire i manicomi e a istituire i servizi di igiene mentale pubblici.

A sostenere la legge c'era la necessità di restituire dignità ai pazienti reclusi negli ospedali psichiatrici, riconoscendoli come persone a tutti gli effetti.

Questo è il quadro storico in cui si muove la storia narrata da Ardone.

Conosciamo subito Elba, quindicenne internata solo perché figlia di una pazza. Convinta che "pazza la madre, pazza la figlia, pazza tutta la sua famiglia", quando viene mandata dalle "Suore Culone" per iniziare il suo percorso d'istruzione, si rende conto che forse, così pazza non è; anche perché "il mezzomondo è la casa dei matti", ma fuori non è che siano proprio sani di mente." 

Elba.
Come il grande fiume del Nord, nome scelto dalla sua Mutti, che in tedesco vuol dire "mamma": scappata dalla Germania e internata con Elba nella sua pancia. 

Elba scrive, annota nel Diario dei malanni di mente le "peculiarità" di tutte per poter capire quale sia la sua. 

Il suo manicomio è il mezzomondo dove c'è un capitano (il dottore), i marinai (gli infermieri) e le sbarre alle finestre sono gli oblò.

Questo è il mondo buffo in cui poi entrerà un altro personaggio: Fausto Meraviglia, psichiatra che vuole togliere le sbarre ai manicomi e salvare vite, soprattutto quella di Elba.

Grazie al suo racconto capiremo il perché e, per farlo, ci avvieremo sulla strada del ricordo, del passato.



E ci troveremo dinanzi a imponenti flussi di coscienza, carichi di malinconia, ma altamente vogliosi di cicatrizzare ferite provocate da lame di rabbia, di rimorsi, di incomprensioni sulla propria vocazione. 

E la rabbia ti avvelena i pensieri. Non si può metabolizzare la rabbia. Il dolore sì. L'angoscia sì. La paura anche. La rabbia ti si aggruma intorno al cuore come un catarro che ti impedisce il respiro, a lungo andare.


Furio e l'imprevisto chiamato Elba. Lei ha risvegliato in lui la necessità di donare salvezza, riscatto e libertà! Ma a che costo? La libertà per Elba era veramente fuori il manicomio?

La penna dell'autrice mi ha insinuato questo dubbio, a volte ingannandomi con situazioni che hanno generato ilarità (la partita tra Paris San Gennaro e Patetico Madrid è stata memorabile!) e, come un parassita, mi ha portato alla fine del romanzo senza farmi accorgere del livello di inquietudine che si è fatto strada. 

Nessun dolore pungente, ma sordo e alimentato dalla profonda conoscenza che la scrittrice mi ha fatto fare dei personaggi. 

Una storia carica d'amore per la vita, per la libertà senza nessuna leziosità e insinuato nella vita di persone "ordinarie" che hanno reso straordinaria la loro esistenza amando gli altri e imparando ad amare sé stessi.

E la vita, d'un tratto, mi sembra un esercizio semplice: nient'altro che incamerare l'aria e spingerla fuori senza sforzo. Tutto è meraviglia


Piacere di averti conosciuto, Viola, con questo romanzo. Ti prometto che recupererò il resto. "Ahà" 










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