Recensione Fame d'aria di Daniele Mencarelli - Mondadori

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Fame d'aria * Daniele Mencarelli * Mondadori * pagg. 180



Tra colline di pietra bianca, tornanti, e paesi arroccati, Pietro Borzacchi sta viaggiando con il figlio Jacopo. D'un tratto la frizione della sua vecchia Golf lo abbandona, nel momento peggiore: di venerdì pomeriggio, in mezzo al nulla. Per fortuna padre e figlio incontrano Oliviero, un meccanico alla guida del suo carro attrezzi che accetta di scortarli fino al paese più vicino, Sant'Anna del Sannio. Quando Jacopo scende dall'auto è evidente che qualcosa in lui non va: lo sguardo vuoto, il passo dondolante, la mano sinistra che continua a sfregare la gamba dei pantaloni, avanti e indietro. In attesa che Oliviero ripari l'auto, padre e figlio trovano ospitalità da Agata, proprietaria di un bar che una volta era anche pensione, è proprio in una delle vecchie stanze che si sistemano. Sant'Anna del Sannio, poche centinaia di anime, è un paese bellissimo in cui il tempo sembra essersi fermato, senza futuro apparente, come tanti piccoli centri della provincia italiana. Ad aiutare Agata nel bar c'è Gaia, il cui sorriso è perfetta sintesi del suo nome. Sarà proprio lei, Gaia, a infrangere con la sua spontaneità ogni apparenza. Perché Pietro è un uomo che vive all'inferno. "I genitori dei figli sani non sanno niente, non sanno che la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione." Ma la povertà non è la cosa peggiore. Pietro lotta ogni giorno contro un nemico che si porta all'altezza del cuore. Il disamore. Per tutto. Un disamore che sfocia spesso in una rabbia nera, cieca. Il dolore di Pietro, però, si troverà di fronte qualcosa di nuovo e inaspettato. Agata, Gaia e Oliviero sono l'umanità che ancora resiste, fatta il più delle volte di un eroismo semplice quanto inconsapevole.




Una storia dolorosa, scomoda, ma che non desidera suscitare pietà. Pietro non la vuole.
Chi è Pietro?

È quel padre che mette le carte in tavola, che non vuole indossare la maschera del bravo padre che tutto accetta, tutto sopporta o che riesce a dire: "Tutto è un dono!"
Lui, il premio come miglior padre dell'anno non ci tiene a vincerlo.
Pietro ha sperato all'inizio che tutto fosse "normale", che il suo cognome potesse essere tramandato.
Ha sperato. Ora ha smesso di farlo.

Quando Pietro ascoltò per la prima volta la voce di suo figlio esibirsi, ancora incerta una piena di determinazione, in quelle due magnifiche sillabe, papà, si sentì realizzato come ogni uomo che si scopre riamato dal suo amore più grande. Poi venne la notte!. 

 

Con lui hanno provato qualsiasi terapia, esame, test e indagini varie, ma non c'è niente da fare. 
Jacopo si è chiuso nel suo mondo, ritornando bambino. 
Anche con Pietro ci hanno provato. Hanno tentato di fargli elaborare la situazione per accettarla.
Con Bianca, sua moglie, ci sono riusciti, con lui no.
Pietro non vuole elaborare. Pietro vuole solo l'aria!
È giunto il momento in cui non riesce più a stare in apnea. 
È giunto quando, a causa di un guasto alla sua Golf è stato costretto a fermarsi a Sant'Anna del Sannio interrompendo così, il viaggio che lo stava conducendo a Marina di Ginosa per festeggiare il suo anniversario di matrimonio. 
Qui ha trovato persone come Agata, che gestisce una pensione che non ospita nessuno da tempo immemore; Oliviero, meccanico senza partita IVA, ma che sfrutta l'amico che ha ancora l'attività aperta se proprio il cliente vuole la fattura; e poi c'è Gaia, psicologa scappata dalla delusione nel non essere riuscita ad aiutare una sua paziente. 

Persone semplici che  non hanno remore nel fare domande su Jacopo e saranno proprio queste domande che porteranno Pietro a cercare disperatamente l'aria. Quell'aria che ritrova ogni volta nel suo sogno in cui Jacopo non c'è.

È una storia che mi ha fatto male, ma ha rivelato, senza lasciare alcun velo edulcorante, una condizione dolorosa, fatta di solitudine e non certo alleggerita dalla burocrazia che ti fa sentire ancor di più il peso di ciò che ti è capitato.

Ringrazio l'autore perché mi sono sentita meno sola nel gruppo che non vuole vincere il premio come migliore mamma dell'anno. 




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