Recensione Promettimi che imparerai a nuotare di Tommaso Fusari - Mondadori

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Promettimi che imparerai a nuotare * Tommaso Fusari * Mondadori * pagg. 324 







Fin da bambino Alessandro ha un dono speciale: riesce a sentire il dolore degli altri. Gli basta guardare negli occhi le persone per entrare nel loro fondo , il posto cioè dove custodiscono le ferite che non mostrano a nessuno. Ma stare laggiù è terribile. Ti sembra di morire ma alla fine non muori mai. Per questo Alessandro ha scelto di planare sulla vita evitando qualsiasi contatto profondo con il mondo esterno. Accanto a lui ci sono soltanto la madre e Davide, il suo migliore amico, unica zona sicura in cui cercare riparo. Tutto cambia, però, quando entra in scena Claudia, una ragazza dagli occhi cangianti che si ostina ad usare un vecchio walkman per ascoltare la sua musica. Con lei Alessandro scopre che negli sguardi che incontra può anche trovare altro, non solo il buio. Ma ora che Claudia è lontanissima, Alessandro sceglie di rintanarsi nuovamente in se stesso. I suoi propositi, però, vanno in frantumi non appena la sua strada incrocia quella di quattro persone e il loro personalissimo fondo: Greta, una diciassettenne che sta cercando di sopravvivere all'adolescenza nonostante la madre depressa e il padre in carcere; Julieth, una giovane donna maltrattata dal marito alcolizzato, e Jay, suo figlio, un bambino dagli occhi grandi innamorato dei supereroi. Infine Achille, l'anziano vedovo che gestisce il negozio di dischi che Claudia tanto amava. Tutti loro, inconsapevolmente e ognuno a modo suo, aiuteranno Alessandro a capire che i muri proteggono sì dalla sofferenza propria e altrui, ma dividono anche. E che forse qualche volta vale la pena restare perché, che sia tuo o di un altro, non puoi vincere un dolore scappando. Puoi però imparare a nuotarci dentro, con la consapevolezza che in superficie ci sono mani pronte a stringere le tue e a dirti che puoi ancora farcela.



Comprendere.
L'etimologia di questa parola mi ha sempre affascinato: con - e pre(he)ndere "prendere": contenere in sé, abbracciare, racchiudere.
Durante la lettura di questo romanzo ho sempre pensato a questa definizione. Il protagonista, suo malgrado, vive appieno il dono della comprensione. 

Alessandro non può guardare gli altri negli occhi.
Non può.
Non vuole.
Fa male.
Lui sente il dolore degli altri. Lo vive soffrendo con loro.
Sulle note di questo dolore Fusari mi ha  portato nella vita di Alessandro e, attraverso i suoi occhi sono entrata anche io negli occhi degli altri protagonisti. 

Sguardi dove si tocca un fondo che fa male, fatto di violenza, malattia, solitudine, perdita, lutto, bullismo. 

Alessandro vede e sente dentro di sé tutto ciò, credendo ogni volta di non riuscire a sopportare tanto dolore. Per questo evita di guardare in viso la gente che incontra.
Questa sua caratteristica, sin dall'inizio, lo isola da chi vede solo "un tipo strano" e non una persona che soffre.
 Davide, il suo miglior amico, comprende però,  che in Alessandro c'è di più e allo stesso modo Claudia, affascinata dalla sua paura di incontrare gli occhi altrui. Essi rappresentano il luogo più recondito dove le persone nascondono il loro dolore.
Incontrarli vorrebbe dire farsi catturare da mani che ti portano giù per farsi carico di quella sofferenza. 

Alessandro ha paura di non riuscire a liberarsene.
Riesce a schivare tanti sguardi, ma non quelli di Julieth e Jay, madre e figlio maltrattati da un marito e padre che usa mani per picchiare e non per accarezzare; non quelli di Greta, speranzosa di ritrovare una maternità e paternità presenti solo fisicamente; non quelli di Achille, che spera un giorno di vedere varcare la soglia dell'ingresso del suo negozio di dischi da qualcuno con cui non si parla da tempo.

Due piani temporali.
Un prima e un dopo che mi ha  fatto  rimbalzare tra ansia e speranza di non vedere accadere ciò di cui avevo sentore.
Un prima che mi ha accompagnato con  musica e rumore di vita.
Un dopo che ha fatto ancora più rumore, ma con un silenzio che mia è rimbombato dentro.

Quando il presente si fa silenzioso, sono i rumori del passato che vengono a trovarti, come per riempire quel vuoto


Fusari mi ha immerso in questa storia, nella vita di tutti i protagonisti.

E ho navigato.
Ora in acque chete che mi hanno cullato nella serenità, nell'amore dei primi giorni, nell'amicizia; poi in acque tempestose che, con onde improvvise mi hanno schiaffeggiato ricordandomi che il dolore non scompare, sembra assopito, ma è ovunque e non ci lascia mai liberi. La corrente della penna di Fusari prima mi ha accarezzato  e poi mi ha  portato nel fondo con le descrizioni psicologiche così fitte e intense che mi è sembrato di soffrire con e come Alessandro.

I personaggi sono completi, mi è sembrato di conoscerli da sempre. Loro e i luoghi in cui si svolgono le loro vite.


Un romanzo viscerale, doloroso. Mi ha stretto il cuore con la sua realtà tangibile, pregna di concretezza, quella priva di ogni facile buonismo o di finali sdolcinati perché il dolore fa parte di noi ed è inutile nasconderlo dietro ad essi.

Ciò che devi imparare è convivere col fatto che tu quel dolore lo sentirai sempre di più rispetto agli altri. Questo puoi fare.


Aiutare per respirare.

Aiutare per vivere. 

Liberare gli altri dalla sofferenza per tornare a galla e non annegare. Si può vivere così? Con l'ansia di salvare tutti e non esserne capaci?

Redimersi per colpe che non si hanno.

Il vero respiro sarà quello generato dalla consapevolezza che il dolore è un diritto.

L'autore tutto ciò me lo ha insegnato bene, senza mezzi termini, facendomi male, tanto male.






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