Recensione 'La cerimonia dell'addio' di Roberto Cotroneo - Mondadori

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La cerimonia dell'addio * Roberto Cotroneo * Mondadori * pagg. 162



Siamo nel 1976, in una città di provincia come tante: Anna e Amos sono molto innamorati, hanno due bambine e, inseguendo la loro passione per le storie e la poesia, hanno aperto una libreria. È domenica e stanno facendo colazione quando Amos, all'improvviso, appare smarrito, non riconosce più Anna, sembra aver dimenticato tutto, persino di avere due figlie. Pochi minuti prima ha citato una poesia a memoria, ora non sa più nemmeno chi è. Ha avuto un episodio di amnesia. Amos torna presto in sé, ma pochi giorni dopo, mentre lui e Anna sono a Roma per consultare uno specialista, insiste per uscire da solo a fare due passi: "Non preoccuparti, sto bene, arrivo a Trinità dei Monti e rientro". Da quella passeggiata non farà mai più ritorno. Di lui si perderà ogni traccia. Cos'è successo? Ha avuto un'altra amnesia e si è perso? Oppure ha deciso di andarsene, di abbandonare lei e le bambine? Anna se lo chiederà fino quasi a perdere la ragione. Amos aveva dei segreti? E la domanda successiva è sempre: tornerà? Anna ripercorre la sua vita con Amos alla ricerca di una crepa, di "un anello che non tiene", tenta di sbrogliare il filo del passato di lui a partire da quel poco che sa, e intanto rimanda ogni giorno l'addio, sposta la speranza sempre più in là, e cresce le bambine dentro questo tempo sospeso, il tempo dell'abbandono, che non è un atto, ma un divenire. L'attesa diventa la sua postura nel mondo, il lento rito di cui ha bisogno per prepararsi all'addio. Finché gli amici le rivelano un segreto che hanno custodito a lungo, un dettaglio che getta una nuova luce sulla scomparsa di Amos. Roberto Cotroneo ha frequentato molti generi nella sua avventura letteraria, e ha cambiato spesso veste: nella Cerimonia dell'addio , scritto nell'arco di parecchi anni, si compie una sintesi prodigiosa di alcune delle sue anime – il romanziere, il poeta, il grande lettore, il critico letterario – e si producono diverse magie narrative: il presente di chi legge sembra dilatarsi, come quello di Anna, nel limbo dolce dell'attesa, mentre i personaggi si fanno carne e voce, raggiungono il lettore nelle sue stanze e vanno a occupare un posto nei suoi ricordi, come se fossero amici di lunga data: Amos, Emma e Cecilia, Francesco e Irene; ma sopra tutti Anna, che è Penelope, è Orfeo, è l'autore. E siamo tutti noi.


Quanto rumore può fare un'assenza?
Anna sa rispondere bene a questa domanda. Ormai da quel maledetto giorno del 1976, la scomparsa di Amos, suo marito, occupa ogni secondo della sua vita, rimbombando nella testa come un ticchettio di orologio.
Nei giorni precedenti Amos aveva rivelato qualche problema di memoria, ma era accanto ad Anna e lei, aveva compreso che c'era qualcosa che non andava e subito si era attivata per una visita medica a Roma, ma proprio qui Amos esce per una passeggiata e non fa più ritorno.

Da qui Anna inizia a vivere una vita sospesa, una vita fatta di interrogativi che la trasformano in Penelope che attende il ritorno di Ulisse; una vita fatta di continue, estenuanti analisi del passato per capire il presente e riempire, con i suoi ricordi, un tempo fatto di un incommensurabile vuoto.

Amos perde la memoria e Anna la tiene viva per non dimenticare nulla di suo marito.
Ripassare tutto il loro vissuto anche attraverso i loro amati libri, vuol dire per Anna quasi trovare un valido motivo della scomparsa del suo amato, come se, quello dell'amnesia non lo fosse. Per lei sarebbe stato più facile, più umanamente accettabile persino un tradimento.

Ripercorriamo vie di ricordi, come se, da un momento all'altro, potessimo ritrovare Amos seduto su dei gradini o al crocicchio di due strade. Riviviamo le sue abitudini per tenerlo vivo, cercando di comprenderlo e conoscerlo.

Ho percorso i giorni precedenti alla scomparsa di Amos come fa un medico con il tracciato di un elettrocardiogramma, alla ricerca di un punto in cui si noti un'aritmia… Li ho ripercorsi più di una volta quei giorni precedenti.

E se, in un primo momento, la ricerca si soffermava sui grandi eventi, sulle abitudini più rilevanti, Anna fa un ulteriore passo verso l'elaborazione della scomparsa: si sposta sui piccoli particolari perché neanche quelli devono finire nel dimenticatoio.

Dovevo capovolgere il mio modo di pensare, togliere importanza alle cose che mi sembravano rilevanti, e scavare nella memoria…
Dovevo passare dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo.

Ci vorrà tempo per Anna ad arrivare a quella cerimonia che consacrerà l'addio e le farà ritrovare la sua pace. Sarà un cammino sofferto, estenuante per il suo animo. Io l'ho immaginata consumata dentro.

E così Cotroneo, con un genere di storia differente da LORO, primo romanzo dell'autore che ho letto, ci rivela questo percorso tortuoso di Anna. Un viaggio travagliato che cerca, come le onde, una spiaggia su cui morire. La sua penna così intima, delicata, sensibile mi ha trasmesso pienamente lo stato d'animo della donna. È stato così coinvolgente tanto da non farmi comprendere (non approfondisco per non fare spoiler) un capitolo in particolare; quanto meno lo avrei preferito a fine romanzo. Mi è sembrato un lancio di  pubblicità nel bel mezzo della scena più importante di un film. 

Ho apprezzato la costruzione dei personaggi di Emma e Cecilia, figlie di Anna e Amos. In maniera silenziosa hanno supportato e accettato la decisione amorevole della madre di far vivere loro l'assenza del padre come qualcosa di temporaneo. Loro, in maniera altrettanto amorevole hanno accettato questa storia sapendo, sin da subito, che l'assenza era definitiva.

Cotroneo ha impregnato di nostalgia una storia già carica di dolore e quella "sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare", ha toccato anche me. 



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