Recensione 'Cuore nero' di Silvia Avallone - Rizzoli

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Cuore nero * Silvia Avallone * Rizzoli * pagg. 356





L’unico modo per raggiungere Sassaia, minuscolo borgo incastonato tra le montagne, è una strada sterrata, ripidissima, nascosta tra i faggi. È da lì che un giorno compare Emilia, capelli rossi e crespi, magra come uno stecco, un’adolescente di trent’anni con gli anfibi viola e il giaccone verde fluo. Dalla casa accanto, Bruno assiste al suo arrivo come si assiste a un’invasione. Quella donna ha l’accento “foresto” e un mucchio di borse e valigie: cosa ci fa lassù, lontana dal resto del mondo? Quando finalmente s’incontrano, ciascuno con la propria solitudine, negli occhi di Emilia – “privi di luce, come due stelle morte” – Bruno intuisce un abisso simile al suo, ma di segno opposto. Entrambi hanno conosciuto il male: lui perché l’ha subito, lei perché l’ha compiuto – un male di cui ha pagato il prezzo con molti anni di carcere, ma che non si può riparare. Sassaia è il loro punto di fuga, l’unica soluzione per sottrarsi a un futuro in cui entrambi hanno smesso di credere. Ma il futuro arriva e segue leggi proprie; che tu sia colpevole o innocente, vittima o carnefice, il tempo passa e ci rivela per ciò che tutti siamo: infinitamente fragili, fatalmente umani.




Scrivo questa recensione qualche giorno dopo aver terminato la lettura del romanzo. 
Ho sentito fortemente la necessità di fare chiarezza e mettere sul piatto della bilancia ciò che mi aveva convinto e, sull'altro dubbi e perplessità. Devo dire che ora, la bilancia pende sul lato positivo.

Bruno vive a Sassaia. 
Definirlo borgo sarebbe una esagerazione; è un gruppo di case di montagna in mezzo a un bosco di castagni. In una di queste Bruno trascorre, ormai da tempo, le sue giornate dopo aver insegnato nella scuola di Alma. La sua apparente tranquillità viene rotta quando inizia a vedere luci accese nella casa di fronte, una casa ormai disabitata da tempo. È arrivata Emilia, anche lei desiderosa di respiri più ampi, lontani da giudizi e occhi che condannano.
Inizia la loro conoscenza. 

Bruno, vittima di una sofferenza atroce che non vuole elaborare perché troppo dolorosa riviverla,
Emilia che con il suo travestimento da persona che ostenta e sfida, continuamente sulla difensiva, nasconde il bisogno vitale del perdono, unico ossigeno per la sua anima.

Allora cos'era il male? Il non saper perdonare

Emilia e Bruno si amano, si confessano e sembrano compensarsi.
Quel mucchio di pietre che si ostinano a stare in piedi nonostante tempo e intemperie, danno vita a un luogo dove combattere le battaglie interiori per sopravvivere prima e poi, trovata la pace, vivere, ma senza dimenticare.

Il tratto psicologico dei protagonisti è forte, decisivo. Porta a riflettere. 
La penna dell'autrice scorre fluida, ma in alcuni momenti mi sono dovuta fermare per ordinare le sensazioni che prendevano vita: dolore, rabbia e anche giudizio. Sì! Ho giudicato, soprattutto Emilia e, sinceramente non sono riuscita a comprenderla e ciò mi ha destabilizzata, portandomi a riflettere sulla mia capacità di perdono.

Silvia Avallone ha dato vita a un romanzo severo, crudele, incomprensibile in alcuni tratti per le dinamiche difficili da accettare; un romanzo che parte da un cuore nero, pesante, carico di colpe, ingiustizie, ma desideroso di diventare più leggero per tendere almeno a un grigio che riveli la voglia di vita.

Emilia non è subito consapevole che il peso che porta potrebbe diventare più lieve. Sarà Bruno che le aprirà gli occhi e, nello stesso tempo aprirà i suoi scoprendo che, anche lui, può far diventare più leggero un dolore che lo ancora alla terra e non gli fa alzare gli occhi al cielo.
È stata una lettura scorrevole, ma non facile. Una lettura profonda, che percuote e non fine a sé stessa.

Alla fine, l'unico elemento negativo sul piatto della bilancia, è stato il modo in cui Emilia e Bruno si sono avvicinati. Per me è stato troppo frettoloso, poco credibile. Mi ha dato fastidio come un sassolino nella scarpa. Un avvicinamento tra i due protagonisti più rallentato avrebbe, a mio avviso, dato ancora più profondità alla storia.



Ringrazio la casa editrice per avermi fornito la copia


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