Recensione 'L'ereditiera americana' di Daisy Goodwin - Marsilio

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L’ereditiera americana * Daisy Goodwin * Marsilio * pagg. 464






Siamo nei mitici anni Novanta del Diciannovesimo secolo. Per la sera del ballo in maschera di Cora Cash, niente è stato lasciato al caso. Splendida, determinata e scandalosamente ricca, Cora è quanto di più simile a una principessa si possa trovare nell’alta società newyorkese. Sua madre ha architettato per lei un debutto che promette di essere il più sfavillante del decennio. Subito dopo il ballo, Cora andrà in Europa, con l’implacabile madre a farle da scorta, per procacciarsi un titolo nobiliare.
L’Inghilterra pullula di aristocratici caduti in disgrazia che fanno la fila per corteggiare le ereditiere americane, senza badare all’origine talvolta umile del loro patrimonio. Nonostante Cora appaia immediatamente meravigliosa agli occhi della società inglese, l’aristocrazia è un reame pieno di regole arcane e di trappole, dove non è facile trovare chi accolga a braccia aperte una straniera facoltosa. Quando s’innamora perdutamente di un uomo che conosce appena, Cora si rende subito conto di prendere ormai parte a un gioco che non capisce fino in fondo. E dovrà fare in fretta ad armare il proprio candore con un pizzico di malizia, per trasformarsi dall’ereditiera ricca e viziata di un tempo in una donna dal carattere forte e risoluto.





Fine ‘800.
L’ereditiera americana è Cora Cash, giovane che, dopo il ballo di debutto nella società, si reca in Europa, precisamente in Inghilterra, con la madre. Il viaggio ha un intento ben preciso: trovare un marito che permetta di aggiungere ai possedimenti, anche un titolo nobiliare.

Sono anni in cui la nobiltà inglese non naviga in buone acque e l’unione tra le due aristocrazie, quella inglese e quella americana, rappresenta la soddisfazione di esigenze vitali per ambo le parti. 
L’incontro con il duca di Wareham, Ivo, non sarà combinato, ma frutto di un caso e, questo evento mi ha fatto presagire una piega inaspettata nello sviluppo del romanzo, con situazioni che potessero rendere interessante e avvincente la storia.

Proprio questo è mancato.
La storia è risultata assolutamente piatta così come i personaggi che l’ hanno interpretata. Cora, con la sua incapacità di gestire determinate situazioni, pur avendo rivelato una certa maturità, ha assunto di diritto il posto nella bacheca dei personaggi più antipatici. Ivo, il duca, non è stato assolutamente approfondito evidenziando invece una leggerezza non plausibile per il suo vissuto, diventando insignificante e scialbo. 

Quello che non avvenuto con i protagonisti lo troviamo invece nelle descrizioni degli ambienti e dei personaggi, ma se l’autrice avesse dedicato metà del tempo speso per questo a dare una connotazione più decisa e saporita alla storia, il mio voto sarebbe stato più alto.

Un romanzo che sembra vestire le caratteristiche di un romanzo storico, ma quasi subito, come se si vergognasse, cambia decisamente outfit per vestire i panni di un romanzo alla Jane Austen.

Questa indecisione e insicurezza è stata evidente per tutta la lettura, ma ha raggiunto l’apice nel finale, portandomi a chiedermi:” E dunque?”










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