Recensione Resta con me, sorella di Emanuela Canepa - Einaudi

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Resta con me sorella * Emanuela Canepa * Einaudi * pagg. 408













































Da quando suo padre è morto di febbre spagnola, Anita, orfana di madre dall’età di sette anni, vive con la matrigna e i suoi due figli. Uno lavora con lei nel giornale in cui il padre prestava servizio. Un giorno il fratellastro ruba dalla cassa e Anita decide di prendersi la colpa, perché il suo misero stipendio di donna non basterebbe a mantenere la famiglia, mentre quello del fratellastro sí. Rinchiusa nel carcere della Giudecca, incontra Noemi, una ragazza ombrosa da cui tutte si tengono alla larga – «ha il demonio dentro», dicono – e dalla quale persino le suore mettono Anita in guardia.
Ma lei ne subisce il fascino e, malgrado Noemi non riveli mai il motivo per il quale è stata condannata, Anita si confida con lei. Le due stringono un patto: progettano di costruire un futuro insieme, una volta fuori. Sono convinte di poter trovare la propria strada nel mondo anche senza un marito. Ma oltre la soglia della prigione l’esistenza travolge e confonde come il brulichio incessante per le strade di Venezia, obbligando Anita a fare i conti con sé stessa e con il segreto inconfessabile che Noemi nasconde.


La Canepa ci immerge nei primi anni '20 del Novecento.
 La gran parte del romanzo è ambientata in una Venezia immersa in un grigio perenne, sull'orlo del degrado se non fosse per l'iniziativa di coloro i quali ritengono che "opporsi al progresso sia immorale".


È la città che conosce Anita, ma giusto il tempo di percorrere i canali che la condurranno verso il carcere femminile Giudecca. Qui resterà poco tempo, rispetto alle altre detenute e la sua buona condotta l'aiuterà a non veder prolungata la pena.

Sono pochi i mesi, ma saranno determinanti per la vita di Anita.

Leggeremo di lei, del suo rapporto con le altre detenute, con le suore che gestiscono il carcere e, soprattutto, leggeremo della piega che prenderà la sua vita dopo la detenzione.

Emerge la figura di Noemi, detenuta anch'essa che determinerà in maniera importante il futuro di Anita. In lei, Anita vede la sorella da cui ha dovuto distaccarsi.
Fuori c'era Luisa. Dentro c'è Noemi.
Un'identificazione forte, decisa.

La condizione femminile in quegli anni emerge in maniera preponderante e Anita viene catapultata nella parte più scura dopo aver assaporato la luce che il padre, in maniera anacronistica, le aveva fatto assaporare. Per merito suo si trovava a lavorare presso la redazione di un giornale.

Contrasti che porteranno Anita a prendere coscienza di una realtà dura, ma non immutabile e che non può prendere il sopravvento sulla sua voglia di riscatto.


Non è il romanzo di esordio della Canepa e vi dico che mi pento di non averla conosciuta prima, ma ho già rimediato recuperando le sue precedenti uscite.

Mi ha letteralmente ammaliata con la sua scrittura che in alcuni punti sembra farsi poesia, ma senza mai appesantirsi.

Anche nelle scene più animate rimane sempre delicata, quasi umile. Non si fa mai troppo severa. L'utilizzo della prima persona nei titoli dei capitoli, mentre il resto è in terza, fa sembrare quasi che Anita voglia raccontare la propria storia, ma per una sora di timidezza, per il non voler eccedere o andare oltre il proprio ruolo, lascia raccontare ad altri.

Ho apprezzato l'utilizzo frequente della personificazione delle emozioni, le descrizioni vivide e dettagliate dei personaggi e degli ambienti. 

L'ansia, la paura di perdersi, l'umidità nelle ossa, la pioggia che non sembra dare tregua: tutto sembra reale. 

Il tempo si coagula. Alla luce del giorno l'astenia in qualche modo l'aiuta, ma nel momento in cui cala il buio la paura le cava il respiro.

L'anima di Anita con i suoi combattimenti interiori soverchia ogni cosa. Anche il segreto di Noemi che poteva essere un colpo di scena rispetto alla figura di questa donna dura e chiusa in sé stessa, non è riuscito a competere con la certezza della presenza di un destino diverso da quello costruito dagli altri.






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