Recensione Bucaneve di Mélissa Da Costa - Rizzoli

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Bucaneve * Mélissa Da Costa * Rizzoli * pagg. 480




Ambre ha vent’anni e la vita davanti a sé, ma non la vede. Da un anno è l’amante ragazzina di un quarantenne, Philippe, professionista affermato, padre di famiglia. Vive nell’appartamento che lui le ha messo a disposizione, ma è un amore asfissiato che si nutre di scampoli di tempo. Quando Ambre, sopraffatta dal vuoto, tenta di farla finita, Philippe è già distante da quell’amore nuovo e salva il proprio imbarazzo offrendole una via di fuga: le trova una sistemazione ad Arvieux, un paesino delle Alte Alpi francesi, come cameriera stagionale in un albergo. In questa valle azzurra, dove la montagna si presenta allo stato puro e le vetrine dei bar sono appannate dai fumi della cioccolata, Ambre scopre un micromondo di sogni, fragilità, entusiasmi, delusioni. Le persone che incontra hanno, come lei, dolori che pesano e solitudini schierate come scudi. Persone come Tim, l’aiuto cuoco, ventiduenne gay rifiutato dalla sua famiglia; come Rosalie, madre single di una bambina di quattro mesi, che soffre di fobia dell’abbandono. Come Wilson, che preferisce il rumore del vento tra i pini alla compagnia degli uomini. Giorno dopo giorno, tra un turno in sala e una ciaspolata nei boschi di larici, tra incomprensioni e risate leggere, Ambre mette piede nei loro silenzi ed esce dal suo. Come accade quando, sulla superficie di neve invernale, protettiva e muta, riaffiora la vita nei petali di un bucaneve.



Credo che sia importante precisare quando una nuova pubblicazione di un autore già conosciuto dai lettori, appartenga ai suoi esordi. Penso sia un atto di onestà verso coloro i quali si aspettano, se non un'evoluzione in crescendo, almeno una stabilità nella scrittura di un  autore o autrice amata. 
Sicuramente sarebbe diverso l'approccio al romanzo e, magari, non  ci si caricherebbe di alte aspettative.

Sarà forse per questo (Bucaneve è del 2016) che la delusione verso l'ultima uscita della Da Costa è stata inaspettata e sofferta. Tranquilli, non si è trattato di una sofferenza fisica, ma ci è mancato poco visto che stavo per sbattere la testa al muro dato che non potevo farlo con quello della protagonista, Ambre. 

È una ventenne che vive una relazione con Philippe, quarantenne sposato.
Lui, rappresenta il salvatore per Ambre. L'ha salvata da una strada tortuosa su cui si stava imbattendo per portarla in un appartamento, affittato solo per lei, dove poterla andare a trovare tutte le volte che voleva. 
Dalla padella alla brace insomma!
Lei sembra (e sottolineo sembra) se ne accorga e decide di porre fine alla situazione cercando di suicidarsi (non è uno spoiler perché il libro si apre con questa scena), ma ritorna il salvatore che, non la porta più nel loro nido d'amore, ma decide bene di relegarla in un hotel abbarbicato sulle Alpi, gestito da una coppia di amici, per farle respirare aria nuova (questa è la scusa ufficiale) sotto le vesti di lavoratrice stagionale. 

E qui, signori e signore, inizia il bello!

Ambre viene accolta da Sylvie e Michel, i quali le presentano la squadra di colleghi che l'accompagneranno per i sei mesi successivi.
Sono in sette, ma tre sono in particolare le figure approfondite dalla Da Costa, mentre gli altri verranno nominati poche volte, e una, peccato, avrà una sua parte solo nelle ultime pagine. Scrivo "peccato" perché se avesse trattato solo quest'ultima, il libro sarebbe stato più breve e più interessante (se volete proprio infliggervi una sofferenza e vorrete leggerlo, capirete perché).

I tre (non dell' Apocalisse) sono:
- Andrea, italiano e playboy;
- Rosalie, 30 anni, madre della piccola Sophie;
- Tim, 20 anni, aiuto cuoco;

Senza addentrarmi nei particolari, che potrebbero togliervi il piacere (qui c'è dell'ironia) della lettura, vi dico solo che questo agglomerato di persone rappresenta più che dei colleghi di lavoro, un gruppo di alcolisti non anonimi, e l'albergo una casa di accoglienza.

Innanzitutto sembra che questi giovani non lavorino  mai. Ogni sera per locali a bere e, quando sono stanchi, non si capisce per quale motivo, bevono nelle loro stanze che, dalle descrizioni, sembrano essere delle suite gentilmente offerte dai datori di lavoro i quali, si prestano anche ad accogliere richieste di  ferie improvvise, cambi turni e giorni di riposo non previsti.
Quasi quasi mi licenzio e valuto di andarci a non-lavorare.

È una storia che fa buchi da tutte le parti.
Dopo pochi giorni dalla conoscenza entrano tra loro così subito in confidenza che ognuno diventa psicoterapeuta e salvatore delle cause altrui. 

La vita di noi stagionali è così...Siamo una famiglia, si finisce sempre per aver bisogno gli uni degli altri....Saremo diventati tutti una piccola parte del tuo universo."

Arriviamo poi a un punto in cui da Ambre passiamo ad analizzare Rosalie, poi Tim e poi...
Un disorientamento generale non causato dall'alcol (in casa non ho alcolici e a bere qui erano solo e continuamente loro), ma da continui salti di fiore in fiore o di letto in letto, fate voi, accompagnati da dialoghi elementari, infantili, al limite del ridicolo che stridono quanto le unghie sulla lavagna.
Argomenti che non trovano nessun fondamento, come: perché Ambre non parla con i genitori?
In un dialogo riferirà che odia i genitori perché "non posso odiare Philippe". EH?

Per non parlare dell'argomento "Tim". Un personaggio così sbeffeggiato da conversazioni immature che si ripetono allo stesso modo più e più volte (c'erano pagine bianche da riempire) quando il suo era un problema di estrema attualità e non meritava una costruzione così fatta.

Così come, lo scrivevo all'inizio, meritava un approfondimento diverso la figura di Wilson, il saggio di questo gruppo che, rimane tale sicuramente perché con gli altri non parla e, soprattutto non beve mai.
Con lui, intorno a pag. 400, fa la sua comparsa la parola "bucaneve".

Parliamoci chiaramente. Che il bucaneve sia un simbolo di speranza e di rinascita lo troviamo scritto ovunque. Il punto è che questa speranza e rinascita sono state sicuramente soverchiate da una storia confusa, scritta male, con una trama che sembra essere una prima stesura e, per giunta, neanche revisionata.

Insomma, un romance mascherato ben bene.

Al termine della lettura mi sono sentita infastidita, quasi tradita da una penna in cui avevo riposto alte aspettative. Dovrei ritrovarla, a dire di una recensione per me affidabile, ossia quella di Laura, nel romanzo TUTTO IL BLU DEL CIELO, che non ho ancora letto. In Francia è uscito nel 2019, nel 2022 in Italia.

Paradossalmente, un finale scontato e chiaro avrebbe salvato un pochino (di più non avrebbe potuto) la situazione, ma mentre volgevo al termine, un uccellino mi ha detto che esiste pure il seguito. Eh no! Grazie! Mi è bastato questo stillicidio di luoghi comuni, interrogativi adolescenziali in bocca a degli adulti,  fiumi di alcol che scorrono sulle Alte Alpi francesi. 
 






"Ringrazio la Casa Editrice per avermi fornito la copia del romanzo"


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