Recensione Sono contenta che mia mamma è morta di Jennette McCurdy - Mondadori
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Sono contenta che mia mamma è morta * Jennette Mc Curdy * Mondadori * pagg. 384 |
Non essere sciocca, tu ami recitare. È la cosa che preferisci al mondo
Una madre che sfrutta la sua malattia per farsi spazio nell'affollato mondo delle audizioni.
Il progetto per sé non è stato possibile realizzarlo. Lo può fare con Net e allora tutto sarà orientato al raggiungimento di questo obiettivo, al costo di annullare le tappe di una vita.
Una bambina che non solo assiste a un rapporto turbolento tra i genitori, ma fa dell'ansia una costante che non sembra poter andare via.
L'ansia mi spinge a cercare sempre di compiacere gli altri. È per l'ansia che mi faccio fotografare, che firmo autografi e dico che tutto questo è divertente... E ho paura di provare risentimento nei confronti di mia madre. La persona per cui ho vissuto. Il mio idolo. Il mio modello. Il mio unico vero amore
La possibile delusione che può arrecare alla madre è un peso onnipresente.
Occorre accondiscenderla in tutto, perfino nella scelta del gusto del gelato.
I problemi si acuiscono quando Net presenta i primi segni di crescita. Debbie inizia a vedere segnali di pericolo in ciò, potrebbe allontanarsi da lei, dal sogno da concretizzare, dalle sue grinfie. Come allontanare tutto ciò? Come farla restare bambina ? Ecco che interviene in ambito alimentare e inizia a mettere in moto meccanismi che porteranno Jennette all'anoressia prima e alla bulimia poi.
Questi non smetteranno neanche quando la fama creerà una frattura tra lei e la madre.
Lei voleva tutto questo. E io volevo che l'avesse. Volevo che fosse felice. Ma ora che ce l'ho, mi rendo conto che lei è felice e io no. La sua felicità è arrivata a mie spese. Mi sento derubata e sfruttata...
Solo la terapia aiuterà Jennette per liberarsi da un peso enorme, da quel cordone ombelicale che mai è stato tagliato.
Al termine della lettura mi sono chiesta il perché del titolo e penso che, in fondo, non sia la verità.
Mi sembra un modo per autoconvincersi di un evento che, come dice lei stessa, le ha portato più domande che risposte. Quindi la morte non l'ha resa libera, ma ancora più schiava delle conseguenze di una maternità malata. Jennette cerca di uscire da questa schiavitù andando in terapia, ma l'impronta della madre è difficile da cancellare.
Un memoir che potrebbe rappresentare un esercizio dato allo psicologo a Jennette e che mi auguro possa averle dato la serenità che merita, ma di certo non le restituirà un'infanzia non vissuta affatto.
È un romanzo che fa tanto riflettere e penso che, se a leggerlo sia un genitore, i punti interrogativi saranno proprio tanti.
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