RECENSIONE RIEN NE VA PLUS

10:57




RIEN NE VA PLUS * Antonio Manzini * Sellerio Editore Palermo * pagg. 310



Rien ne va plus" prende il via poche ore dopo gli eventi che concludono il precedente romanzo, "Fate il vostro gioco"; le indagini sull'omicidio di Romano Favre, il pensionato del casinò di Saint-Vincent dove lavorava da «ispettore di gioco», ucciso con due coltellate, si sono concluse con l'arresto del colpevole, ma il movente è rimasto oscuro. Schiavone non può accontentarsi di una verità a metà. Mentre si mobilita insieme alla sua squadra di poliziotti, ben altra coltellata lo pugnala: Enzo Baiocchi, l'assassino di Adele, la vecchia amica di Rocco uccisa mentre dormiva in casa sua, ha chiesto di parlare col giudice Baldi rivelando un segreto che riguarda proprio Schiavone, una pagina inconfessabile del suo recente passato che potrebbe sconvolgergli per sempre la vita. Turbato, incerto su come muoversi, Rocco si ritrova a indagare su una rapina: è scomparso un furgone portavalori che doveva consegnare alla banca di Aosta l'incasso del casinò. Ma ad Aosta non è mai arrivato, se ne sono perse le tracce dopo una curva e sembrerebbe svanito nel nulla, se non fosse che l'autista viene ritrovato semiassiderato in Valsavarenche.




🌟🌟🌟🌟 



La pioggia non abbandona Aosta.

 È martellante così come l'idea che il caso non sia chiuso. 

Ufficialmente, lo abbiamo letto nel precedente volume, il caso è stato risolto, ma non per il vicequestore Schiavone. C'è qualcosa che non quadra e questa convinzione è un tarlo che non dà pace a Rocco. Lo capiremo dalla penna di Manzini che, sebbene con un tono più sopito rispetto ai precedenti volumi, ci rende sempre partecipi dei sentimenti del vicequestore e dei vari attori presenti sulla scena. 

Con la vita professionale di Rocco si interseca inevitabilmente anche quella privata. Anche lì c'è un tarlo che rode, ma è più difficile da eliminare. Appartiene al passato; a quel passato in cui sono prigionieri gli occhi di Schiavone che non guardano più come sei anni prima. L'essere ancorato, quasi definitivamente, alla sua storia con lati oscuri ancora da illuminare, non gli consente neanche di godere di quei raggi di sole che, ogni tanto, squarciano le nuvole che sembrano aver trovato la loro dimora definitiva su Aosta. 


"Lo spettacolo avrebbe mozzato il fiato a chiunque, tranne a Rocco Schiavone, che guardava la potenza e la bellezza della natura con gli occhi tristi di un cane abbandonato".


Manzini sa come incatenarci alla storia che, seppur meno coinvolgente delle altre a mio avviso, mi ha dato la sensazione di una passeggiata in pianura prima di affrontare una salita. 


"L'unico dettaglio che era riuscito ad amare di Aosta " è il profumo di legna bruciata: l'unico che lo riporta alla sua città: custode dei segreti e dei tarli del vicequestore. 

You Might Also Like

0 comments