Recensione La mala erba di Antonio Manzini - Sellerio.

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La mala erba * Antonio Manzini * Sellerio editore * pagg. 368




Nella cameretta di Samantha spicca appeso al muro il poster di una donna lupo, «capelli lunghi, occhi gialli, un corpo da mozzare il fiato, gli artigli al posto delle unghie», una donna che non si arrende davanti a nulla e sa difendersi e tirare fuori i denti. Samantha invece, a 17 anni, ha raccolto nella vita solo tristezze e non ha un futuro davanti a sé. Non è solo la povertà della famiglia; è che la gente come lei non ha più un posto che possa chiamare suo nell'ordine dell'universo. Lo stesso vale per tutti gli abitanti di Colle San Martino: vite a perdere, individui che, pur gomito a gomito, trascinano le loro esistenze in solitudine totale, ognuno con i suoi sordidi segreti, senza mai un momento di vita collettiva, senza niente che sia una cosa comune. Sul paese dominano, rispettivamente dall'alto del palazzo padronale e dal campanile della chiesa, Cicci Bellè, «proprietario di tutto», e un prete reazionario, padre Graziano. I due si odiano e si combattono; opprimono e sfruttano, impongono ricatti e condizionamenti. Cicci Bellè prova un solo affetto, per il figlio Mariuccio, un ragazzone di 32 anni con il cervello di un bambino di 5; padre Graziano porta sempre con sé il nipote Faustino, bambino viziato, accudito da una russa silenziosa, Ljuba. Samantha non ha conforto nel ragazzo con cui è fidanzata, nemmeno nei conformisti compagni di scuola; riesce a comunicare solo con l'amica Nadia. Tra squallide vicende che si intrecciano dentro le mura delle case, le sfide dei due prepotenti e i capricci di un destino tragico prima abbattono la protagonista, dopo le permettono di vendicarsi della sua vita con un colpo spregiudicato, proprio come una vera donna lupo; un incidente, un grave lutto, un atto di follia, sono le ironie della vita di cui la piccola Samantha riesce ad approfittare. La penna di Antonio Manzini, che ha descritto un personaggio scolpito nella memoria dei lettori come Rocco Schiavone, raffigura individui e storie di vivido e impietoso realismo in un noir senza delitto, un romanzo di una ragazza sola e insieme il racconto corale di un piccolo paese. Una specie di lieto fine trasforma tutto in una fiaba acida. Ma dietro quest'apparenza, il ghigno finale della donna lupo fa capire che La mala erba è anche altro: è un romanzo sul cupio dissolvi di due uomini prepotenti, sulla vendetta che non ripristina giustizia, sul ciclo inesorabile e ripetitivo dell'oppressione di una provincia emarginata che non è altro che l'immensa, isolata provincia in cui tutti viviamo.



Ho scoperto Manzini grazie alla serie sul noto vicequestore Schiavone. L'ho amato e aspetto un finale, perché è giunto il suo momento. Non ho ancora letto il libro scritto nel 2020 che, pur non appartenendo alla saga, non ha deluso gli amanti della scrittura di Manzini.
Mi sono affacciata a questo romanzo con grandi aspettative.

Ci troviamo a Colle San Martino, frazione del comune di Petrella, in provincia di Rieti con poche centinaia di abitanti.
La storia vede protagonista Samantha, una ragazza diciassettenne, appartenente a una famiglia che vive grossi problemi economici, come la maggior parte degli abitanti di questo paesello.
Tutti accomunati dall'essere marionette guidate dal riccone Cicci Bellè. Lui, con la sua prepotenza, decide le sorti delle vite altrui.

Samantha è un'adolescente che si sta affacciando alla maggiore età con la voglia di uscire da questo teatro di burattini, ma anche lei, inconsapevolmente, o forse no, ne diventerà parte attiva.

Con al suo fianco, l'amica Nadia, la sua vicenda si intersecherà con quella degli altri abitanti, diventando poi un'unica storia.
Un romanzo corale che non ho compreso se volesse giungere a una conclusione o comunicare qualcosa. 

La mia domanda, in particolare, al termine della lettura è stata: " Ma siamo sicuri che l'ha scritto Manzini questo romanzo?". 
Non ho trovato nulla dei suoi caratteri distintivi: il coinvolgimento nelle vicende e nelle vite dei personaggi, la scrittura avvincente, la costruzione di personalità a tutto tondo.

È stato un romanzo piatto, anonimo. Se non avessi saputo l'autore, l'avrei potuto ricondurre a uno scrittore emergente.

Non ho gradito la descrizione di alcune scene, ma questo, come qualcuno asserisce, può essere (e forse lo è) un mio problema, ma ritengo che spesso, molto spesso, possano essere raccontate senza scendere in particolari volgari.

Non ho compreso l'evoluzione che ha subito il personaggio di Samantha, rimasta schiacciata da dinamiche che lei stessa aveva cercato di combattere. Non ho capito lei e neanche il finale . La sinossi parla di "un lieto fine che sa di fiaba acido". In effetti è stato un finale per me slegato dal resto della storia e che non ha fatto altro che accrescere il mio interrogativo:" Qualcuno ha visto dove si è cacciato Manzini?"






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