RECENSIONE 'SPICCARE IL VOLO' DI AURÉLIE VALOGNES - E/O
14:00
Spiccare il volo * Aurèlie Valognes * edizioni e/o * pagg. 272 |
L’amore tra madre e figlia è sempre fragile: è ciò che racconta il ritratto incrociato di una madre single e della sua unica figlia, dove la benevolenza si alterna ai malintesi e la voglia di stare insieme si scontra con il desiderio di emancipazione. Dapprima simbiotico, il loro rapporto si allenta quando la scuola e poi l’ascesa sociale della figlia devono fare i conti con le più modeste aspirazioni della madre.
Un romanzo a due voci: quelle di Gabrielle e Lili, madre e figlia; come quelle interviste doppie dove ciascuno deve raccontare, secondo il proprio punto di vista, come ha vissuto una stessa situazione. Quella che qui raccontano è la loro vita.
Un romanzo a quattro mani: quelle che cercano di scalare la montagna di dubbi, incertezze e punti interrogativi, avendo come unica corda, quella di un cordone ombelicale che unisce ancora madre e figlia.
Gabrielle, ragazza madre che, con ogni sacrificio possibile, cerca di non far mancare nulla a Lili. Lei sembra essere nata con un DNA segnato da un grande senso di responsabilità che la porta ad aspirare al raggiungimento di vette sempre più alte. Se, in un primo momento, la voglia di arrivare è dettata dall'annullare ogni possibile differenza dovuta al suo status sociale, in un momento successivo invece, il desiderio di andare sempre più avanti rappresenta un modo per riscattarsi.
Sappiamo bene però che nel ciclo di vita può esserci quel punto d'incontro tra due esistenze che sembrano assolutamente parallele e che, solo un colpo forte ed esterno riesce a far spostare e incontrare.
È tutto un flusso di coscienza condensato in poche pagine. Un flusso che però rispecchia ansie, paure e che semina tanti spunti di riflessione sulla capacità di crescere con un punto di riferimento, ma senza diventarne il clone e sulla necessità di avere il coraggio si salire i gradini della scala sociale.
Era mia madre, il mio modello, una madre perfetta… come fare per continuare ad essere alla pari, continuare a vederla come il mio pilastro e il mio orgoglio.
L'autrice francese ha ritenuto che la tecnica del "doppio io" fosse la più adatta per raccontare "dall'interno solitudini, due incomprensioni, due donne."
Un modo di narrare che all'inizio mi ha dato un senso di frammentarietà, ma poi le due voci si sono incastrate alla perfezione e, il senso di continuità è riapparso senza andar più via.
La stessa Valognes, al termine del romanzo, specifica che sebbene quella raccontata sia la sua storia, in realtà è la storia di tutti gli uomini e donne che a lungo hanno cercato il loro posto. Lei lo ha trovato nella scrittura e ho percepito tra le righe il dolore nel cercare la verità.
Non bisogna aver paura di andare a scavare negli angoli, sono i punti in cui fa male e in cui risiede la verità
0 comments