RECENSIONE 'TUTTA LA VITA CHE RESTA' DI ROBERTA RECCHIA - RIZZOLI

07:30

 

Tutta la vita che resta * Roberta Recchia * Rizzoli * pagg. 400



Uno strappo che sembrava impossibile da ricucire, una famiglia che nel corso degli anni ritrova la strada nella forza dei legami. Ci sono libri che ti entrano dentro, che ti accompagnano per mano nella vita di tutti i giorni. È ciò che succede con l’esordio magnetico di Roberta Recchia, una storia da cui non ci si stacca, con protagonisti vivi, autentici. Come Marisa e Stelvio Ansaldo, che nella Roma degli anni Cinquanta si innamorano nella bottega del sor Ettore, il padre di lei. La loro è una di quelle famiglie dei film d’amore in bianco e nero, fino a quando, anni dopo, l’adorata figlia sedicenne Betta – bellissima e intraprendente – viene uccisa sul litorale laziale, e tutti perdono il proprio centro. Quell’affetto e quella complicità reciproca non ci sono più, solo la pena per la figlia persa per sempre. Nessuno sa, però, che insieme a Betta sulla spiaggia c’era sua cugina Miriam, al contrario timida e introversa, anche lei vittima di un’indicibile violenza. Sullo sfondo di un’indagine rallentata da omissioni e pregiudizi verso un’adolescente che affrontava la vita con tutta l’esuberanza della sua età, Marisa e Miriam devono confrontarsi con il peso quotidiano della propria tragedia. Il segreto di quella notte diventa un macigno per Miriam fin quando – ormai al limite – l’incontro con Leo, un giovane di borgata, porta una luce inaspettata: l’inizio di un amore che fa breccia dove nessuno ha osato guardare.


La vita di Marisa e Stelvio Ansaldo è divisa in due parti: quella di prima e quella di dopo. 
Il prima è rappresentato dalla loro storia vissuta alla fine degli anni '50 all'interno di una bottega. 
Il dopo invece, è costituito dalla loro sopravvivenza dopo una tragedia, la morte della loro figlia Betta. Questa disgrazia ha rappresentato quel muro di cemento armato calato improvvisamente sulle loro esistenze e che le ha divise in prima e dopo. 
In particolare, l'autrice si è soffermata sul dopo di Marisa, ma anche quello di Miriam, cugina di Betta che si trovava con lei la notte in cui è stata uccisa, ma nessuno lo sa.

Quel muro che spacca il tempo e lo divide, stende un pesante telo nelle loro menti. Per Marisa non esiste più nessun altro, lei non è più moglie e donna. Miriam lenisce il dolore che le sta lacerando l'anima, grazie a un aiuto, purtroppo molto pericoloso. 

È un romanzo doloroso quello che ci offre la Recchia e che rende viva l'angoscia e lo strazio di una tragedia. Quello che continuava a rimbombarmi in testa durante la lettura era: "Come si può sopravvivere a tanto dolore?". Ho provato quasi una tensione cardiaca a volte allentata, ma mai scomparsa completamente, dinanzi alle pagine che spostano l'attenzione sulle indagini, tingendo quasi di giallo, un libro nero, nero di sofferenza. 

... Betta era morta, proprio lei che era stata la più viva tra tutti loro. Era svanita dalle loro vita in una notte d'estate. L'idea gli frantumava la sua musica in testa, come se fosse impossibile ritrovare l'armonia in una realtà in cui cose così orrende possono accadere.

Straziante è l'analisi che Marisa fa del suo stesso dolore che nessuno immagina e nessuno può comprendere.

Quando un figlio ti muore il dolore dovrebbe storpiarti il corpo...dovrebbe deformarti, lasciarti le viscere di fuori insanguinanti...e invece...




A ciò si aggiunge, come se non fosse sufficiente, la dimenticanza, quella che, a causa di un ricordo, un profumo, un conforto della tazza calda, per qualche istante faceva distrarre dal dolore e riportava Marisa alla vita che la chiamava, ma poi i sensi di colpa laceranti la facevano sprofondare di nuovo nella solitudine del suo dolore.

E se Marisa combatte per non dimenticare, Miriam brama la dimenticanza perché il ricordo la strugge. Solo l'aiuto di figure libere dal fardello del dolore, ma prigioniere dell'amore per la loro salvezza, saranno in grado di far cadere le cataratte che stavano impedendo di vedere la strada che continuava il suo tragitto e non deviare verso il baratro.

Dopo aver tolto dalla mente il peso psicologico di una giustizia non assicurata e l'ignoranza su quello che quella maledetta notte era successo, Marisa riprenderà a respirare, a recuperare il suo ruolo e ritornare da coloro i quali l'avevano aiutata a sopravvivere?

È un romanzo intimo, doloroso, che tocca temi come il lutto e la sua elaborazione, senza edulcorare nulla, grazie anche all'analisi approfondita della psicologia dei vari personaggi, ma è anche un romanzo che sorprende con quella luce di speranza che illumina vite che impareranno a condividere con un eterno dolore.




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