Recensione Le madri non dormono mai di Lorenzo Marone - Einaudi

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Le madri non dormono mai * Lorenzo Marone * Einaudi * pagg. 352








 




Diego ha nove anni ed è un animale senza artigli, troppo buono per il quartiere di Napoli in cui è cresciuto. I suoi coetanei lo hanno sempre preso in giro perché ha i piedi piatti, gli occhiali, la pancia. Ma adesso la cosa non ha piú importanza. Sua madre, Miriam, è stata arrestata e mandata assieme a lui in un Icam, un istituto a custodia attenuata per detenute madri. Lí, in modo imprevedibile, il ragazzino acquista sicurezza in sé stesso. Si fa degli amici; trova una sorella nella dolce Melina, che trascorre il tempo riportando su un quaderno le «parole belle»; guardie e volontari gli vogliono bene; migliora addirittura il proprio aspetto. Anche l'indomabile Miriam si accorge con commozione dei cambiamenti del figlio e, trascinata dal suo entusiasmo, si apre a lui e all'umanità sconfitta che la circonda. Diego, però, non ha l'età per rimanere a lungo nell'Icam, deve tornare fuori. E nel quartiere essere piú forte, piú pronto, potrebbe non bastare.

«Miriam tornò ai suoi panni, e tolse l'aria dai polmoni con uno sbuffo. Il sole mattutino s'affaccendava a portare un po' di calore, permetteva ai bambini di restare fuori a giocare, ma proiettava l'ombra delle sbarre sulla parete alla sua destra, sezionava il muro come fosse una scacchiera. S'appese alle spranghe e allungò l'esile collo, come a voler uscire da lí, lei cosí minuta, e si ritrovò sulle punte senza volerlo, da dietro pareva un puma pronto a spiccare il balzo. Pensò di andarsi a riprendere quel figlio cretino che a quasi dieci anni si lasciava sfottere da una mocciosetta e manco lo capiva. Invece vide qualcosa d'inaspettato, vide la bambina ridere ancora per le parole del suo Diego, e però subito dopo vide anche il viso di lui aprirsi in un gioioso sorriso, e poi in una fragorosa risata che liberò farfalle, una risata per lungo tempo attesa, che le tolse l'ombra dalla faccia e la spinse a donare al cielo, alle nuvole dense che soffocavano quel carcere tra i monti, un moto appena percettibile di labbra».








Quando Paolo Siani (medico e politico) parlò a Lorenzo Marone della realtà degli Icam, destò l'attenzione dell'autore napoletano tanto da chiedere di visitare quello di Lauro, uno dei cinque in Italia. 

Gli Icam sono gli istituti di custodia attenuata per madri detenute con figli fino all'età di dieci anni, quando questi non possono essere affidati ad altri. 
La struttura si presenta all'esterno con alte mura. Queste insieme alle sbarre alle finestre sono forse gli unici elementi che portano a identificare quella realtà come un carcere. All'interno di mini appartamenti si muovono le vite di donne che, nel 99% dei casi, si trovano lì per colpa dei mariti. 


Lorenzo Marone ci parla di questa realtà attraverso gli occhi di cinque personaggi principali che si alternano nella narrazione: Diego, Miriam, Miki, Greta, Melina e altri personaggi secondari che si muovono con loro in un alternarsi di giorni apparentemente uguali. Apparentemente perché ogni giorno porta con sé un carico maggiore di ansia nel vedere vicino il distacco dai propri figli o l'ansia di tornare alla vecchia vita che forse è meno libera di quella vissuta nell' Icam. 

La costruzione su più livelli dei personaggi, così come la scrittura in terza persona, rappresenta una novità per Marone, ma non è nuova la sua capacità di dare spessore agli attori della storia raccontandoli a 360°, tornando indietro rispetto al punto del racconto per rivestirli di un'assoluta credibilità. 

Con una penna scevra da qualsiasi possibile giudizio, lo scrittore fotografa il presente e analizza il passato. 

I bambini
Anime invisibili che all'interno dell'Icam ricevono più attenzioni che all'esterno con visite pediatriche, psicologiche. Loro e le loro madri si sentono più protetti. Senza aver vissuto un'infanzia, si trovano di colpo adulti.
E così come il tempo meteorologico si evolve con le sue stagioni, così il passaggio dall'inverno alla primavera coinvolge i personaggi: Miriam e Diego in primis. 

Madre e figlio.
Lei che appena varcato l'ingresso dell'ICam si costruisce una corazza pensando di dover combattere una guerra all'interno di quelle mura, comincerà a cedere e a svelarsi.
Diego, che "sta nella guerra della madre da disertore", vuole viere e cerca di farlo nonostante gli sia stata inculcata la cultura del nemico. 

Se per loro la libertà è privata perché costretti a vivere tra quelle mura, per Miki, Antonia e Greta che tra quelle mura ci lavorano, la prigionia è frutto di compromessi sbagliati, di scelte sbagliate.

Così, se "Le madri non dormono mai" può sembrare un romanzo sugli Icam, in realtà rappresenta qualcosa di più ampio. È un romanzo "sui vinti, sulla libertà e sulla prigionia, su vite i cui percorsi sono già stabiliti e da cui è impossibile uscire".

Marone dà voce i flussi di coscienza di ogni protagonista e lo fa non fermandosi alla descrizione dei bambini, che facilmente conquisterebbero il lettore, ma facendoci entrare in sintonia con tutti, tifiamo per loro, per quella partita da vincere per la conquista della libertà. 

Una lettura che mi ha travolto quasi inconsciamente per farmi rendere conto al termine, di avere un cuore fatto a pezzi e, come se non bastasse,  messo nel trita carte.

Un romanzo doloroso, ma essenziale per svegliare coscienze assopite su carte scritte con inchiostro sprecato.

Un romanzo che mostra in maniera incontrovertibile come la realtà degli Icam abbia toccato profondamente Marone perché l'evoluzione nella sua scrittura, il salto verso un livello più alto è evidente. 
Un romanzo che scuote perché rivela paure che solo una maternità può giustificare, ma che hanno con sé dolori che portano a sopravvivere e non a vivere. 

La maternità è la forza riparatrice che ricompone le divisioni tra anime distanti, tra donne appartenenti a esistenze diverse, è l'essenza che lega ciascuna alla meraviglia e all'indecifrabilità del creato. 



 




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