RECENSIONE Vicolo Sant'Andrea 9 di Manuela Faccon- Feltrinelli

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Vicolo Sant'Andrea 9 * Manuela Faccon * Feltrinelli * pagg.288


Padova, anni cinquanta. Teresa lavora come portinaia in un palazzo del centro. Dietro un aspetto dimesso e in apparenza insignificante, nasconde un bruciante segreto.
Nel dicembre del 1943, quando aveva sedici anni, di ritorno da un incontro sotto i portici di piazza delle Erbe con il garzone di cui è innamorata, assiste all’arresto della famiglia ebrea per cui lavora e da cui è stata istruita e educata alla lettura. Un attimo prima di essere portata via dai soldati, la padrona le affida il suo ultimo nato: Amos, due enormi occhi scuri e una voglia di fragola sulla nuca. Qualcuno però fa la spia, Teresa viene separata a forza dal bambino e per punizione rinchiusa in manicomio.
Anni dopo, continua a pensare a quel bambino. Sarà ancora vivo? Che tipo di persona sarà diventato? E fino a che punto dovrà arrivare, lei, per tener fede alla parola data? Presta servizio in casa delle ricche signorine Pozzo, così diverse dall’amorevole signora Levi o dalla famiglia numerosa in cui è cresciuta in campagna, e intanto cerca Amos.
Finché un nuovo colpo del destino le offre l’occasione tanto attesa: c’è un impegno da onorare, una verità da consegnare prima che il portoncino di vicolo Sant’Andrea 9 si spalanchi per l’ultima volta e lei sia finalmente libera di ricominciare.
Prendendo spunto da vicende storiche e da ricordi d’infanzia, Manuela Faccon costruisce il ritratto di una donna unica e, al tempo stesso, come tante, fragile dentro, ma forte fuori, per gli altri. Un romanzo intimo e intenso sulla dignità al femminile, sui sacrifici che comporta la lealtà, verso il prossimo e verso se stessi. Una voce potente, nuova, ma con una musicalità antica.
Anni cinquanta.
La portinaia di vicolo Sant’Andrea 9 nasconde un segreto. Ora, finalmente, è arrivato il momento di parlare.





Quindici anni.
È questo l'arco temporale che abbraccia il romanzo. Quindici anni, dal '43 al '58, in cui la protagonista del romanzo, Teresa, si trova a dover rafforzare improvvisamente le proprie spalle per farsi carico di una grande responsabilità: salvare da un destino segnato, il piccolo Amos, figlio dei signori Levi, per cui lavora. Un evento che condizionerà inevitabilmente la sua vita. 

La scrittrice si rifà a persone realmente esistite nella sua famiglia e a eventi realmente accaduti.

In virtù di ciò mi sarei aspettata un libro che coinvolgesse di più. 
Al termine della lettura ho avvertito il dispiacere per un'occasione mancata: quella di trattare tematiche che, per la loro importanza, avrebbero avuto bisogno di un sostegno più solido e di più pagine dove distendersi.


La storia si dipana invece, su fondamenta deboli: argomenti rilevanti vengono toccati senza un approfondimento vero e proprio.


Dagli occhi di Teresa non ho visto uno scenario di un dopoguerra difficile. Questo fa capolino, saluta, ringrazia e se ne va lasciando l'immagine di un tempo storico idilliaco. 
A ciò si aggiunge la presenza di personaggi di cui non ho capito l'utilità o il colpo di scena che "porta via i fantasmi del passato" in sole due pagine. Due!


La scrittura della Faccon si è rivelata ai miei occhi non omogenea, non in grado di accattivare il lettore e disorientandolo parlando di elementi e situazioni per la prima volta, ma come se fossero stati già trattati precedentemente. 


Incongruenze e punti interrogativi hanno predominato sull'interessamento alla storia e alla protagonista. Anzi , alcune volte si affacciava un velo di antipatia per Teresa e per alcuni atteggiamenti difficilmente comprensibili per un personaggio così piatto. 


Altre perplessità sono emerse, ma elencarle vorrebbe dire fare spoiler e, se proprio vorrete leggerlo, non voglio togliervi il "piacere" di provarle.


Rimane il rammarico per una storia che cercava un terreno su cui piantare le radici, ma purtroppo, è mancata la giusta irrigazione che consentisse uno sviluppo più florido.
















Ringrazio la casa editrice per la copia

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